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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2013 alle ore 10:57.

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Per Morsi l'ultimatum dei ribelli: dimissioni entro domani oppure sarà disobbedienza civile

Le dimensioni del problema per i Fratelli musulmani le hanno definite le forze armate, ieri sera tardi, dando il loro bilancio della giornata di manifestazioni: milioni e milioni gli egiziani mobilitati dalle opposizioni, decine di migliaia i sostenitori del presidente Mohamed Morsi. Importa poco che le cifre siano accurate: questi comunque erano i rapporti di forza a favore degli oppositori. Dandole, i militari che nei prossimi giorni avranno ancora una volta un ruolo determinante, hanno indicato un vincitore e uno sconfitto. Si sono schierati.
Soddisfatti del loro successo, e decisi a cavalcarlo, questa mattina i Tamarrud hanno dato il loro ultimatum, alzando ulteriormente il livello dello scontro: Morsi deve rassegnare le dimissioni entro martedì. Se non lo farà, inizierà una campagna di disobbedienza civile non meglio precisata. I Tamarrud, i ribelli, sono il movimento spontaneo composto soprattutto da giovani, che in due mesi ha raccolto 22 milioni di petizioni contro il presidente e organizzato le manifestazioni di ieri. Dopo aver aderito con cautela, i molti partiti d'opposizione incapaci di fare tanto, ora collaborano con entusiasmo.

"Ci sono proteste, questo è un fatto", ammetteva questa notte il portavoce del presidente. "Non ne sottovalutiamo le dimensioni né la portata delle richieste". Nel pomeriggio, a mobilitazione delle piazze appena iniziata, il tono del suo precedente intervento era stato molto diverso: non aveva dato importanza alle manifestazioni in corso, ricordando che Morsi e i Fratelli musulmani avrebbero offerto di nuovo di dialogare con le opposizioni. Ma, aggiungeva fiducioso, il presidente sarebbe rimasto al suo posto fino alla fine del suo mandato, fra più di tre anni: nessuna manifestazione avrebbe cambiato il responso elettorale dell'anno prima. "Suggerite una soluzione, siamo pronti a considerarla seriamente", diceva invece ieri con tono disperato.

Passato "il giorno più lungo", viene il momento della verità. Per i Fratelli musulmani, se sono capaci di ascoltare cosa sta dicendo l'Egitto sceso in massa per le strade del Paese, senza imporre l'arroganza di un potere fallimentare. Per le opposizioni, se questa volta riusciranno a restare compatte, senza sconfinare in un pericoloso massimalismo rivoluzionario. Per le forze armate, se sapranno mantenere l'ordine e agevolare una soluzione politica senza tornare al passato.

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