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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2013 alle ore 09:04.

Il governatore Zaia: occasione persa
«In queste ore ci sarà sicuramente qualcuno che brinda: di certo io non faccio parte di questi signori. Se ne va una grande opera e una grande opportunità per le nostre imprese». È il commento del governatore del Veneto Luca Zaia, da sempre sostenitore del progetto, che spera ci possa essere un ripensamento.
«La Regione ha ancora fissata una riunione martedì prossimo con i rappresentanti del progetto, alla luce delle ultime carte consegnate circa alla metà di giugno. In questa occasione, sostanzialmente, si sarebbe concretizzato un passaggio fondamentale dell'iter burocratico...Sono cosciente del fatto che restano in piedi temi con la Vas, la Via e il grande confronto con il Ministero dei beni culturali, ma spero che nonostante questo, e la pastoie burocratiche del paese Italia, ci sia la volontà di ripensare a questa decisione, rivalutando l'operazione».
Il sindaco Orsoni: è un no all'innovazione
«Il conservatorismo e la visione per il no all'innovazione a Venezia di certi ambienti romani hanno avuto il loro peso». È duro il commento del sindaco Giorgio Orsoni alla notizia dello stop al progetto: «Da un lato effettivamente sembrava ci fossero problemi di reperimento dei finanziamenti, come più volte sottolineato anche da noi dall'altra ha pesato la diffidenza degli stranieri nei confronti della nostra burocrazia. La Regione - rincara - l'ha tirata molto per le lunghe nell'ultimo mese, non muovendo alcuna carta». Il Comune, sottolinea, «ha sempre fatto tutto quello che doveva: francamente mi dispiace che questa cosa finisca così».
Italia Nostra: soddisfatti ma con rammarico. L'area ora resterà abbandonata
L'annuncio dell'addio al progetto viene accolto con soddisfazione da Italia Nostra con un ma. L'associzione ambientalista che si era opposta al progetto faraonico sottolinea che ci sia "poco da brindare". «La rinuncia da parte di Cardin - afferma in una nota la sezione veneziana di Italia Nostra - costituisce un fatto altamente positivo tuttavia al sollievo per lo scampato pericolo si accompagnano ragioni di grave preoccupazione... Anzitutto il modo in cui l'intero processo si è svolto. Pierre Cardin ed il nipote, Basilicati, non hanno torto quando lamentano due anni e mezzo di tortuosità burocratiche di fronte alle quali alla fine hanno dovuto arrendersi. Il fatto è che la legge parlava chiaro fin dell'inizio: entro 300 metri dalla gronda lagunare non sono lecite costruzioni (primo motivo dell'abbandono oggi annunciato) e per costruire occorre prima la Valutazione ambientale strategica della Regione (seconda causa dell'abbandono)».
«La seconda ragione di rammarico riguarda il futuro di tutta l'area di Marghera, nella quale doveva sorgere il grattacielo. Quell' immensa area ex industriale costituisce una ricchezza incalcolabile per l'Italia, che non dovrebbe aver bisogno di progetti ad essa estranei come quello di Cardin per realizzare il proprio potenziale di sviluppo.L'area rimane ora orfana di iniziative, salvo quelle di una generica messa in sicurezza, dei terreni di fronte all'inquinamento. Rimane a disposizione di singole imprese che abbiano il coraggio di insediarvisi, godendo della prossimità all'aeroporto e alla gronda lagunare. Ma l'area ha bisogno di un grande piano nazionale per la riconversione a centro produttivo».
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