Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2013 alle ore 12:05.

My24
Per Morsi si avvicina l'ora della verita

IL CAIRO - Dal nostro inviato. Si avvicina l'ora della verità, anche se di momenti decisivi l'Egitto ne ha vissuti fin troppi in questi ultimi due anni. Nella notte Mohamed Morsi ha respinto l'ultimatum lanciato dai militari: non si dimette, legittimato alla presidenza dal voto popolare del 2012, confermato dal successivo referendum costituzionale, rafforzato dalla base dei Fratelli musulmani, scesa in strada pronta alla battaglia.

La palla torna nel campo delle Forze armate. In un'ora non meglio precisata a partire dalle 16.30 di oggi scade il loro ultimatum. Il generale Abdel Fatah al-Sisi, capo di stato maggiore e ministro della Difesa, aveva delineato la "road map" che i militari avrebbero seguito nel caso in cui il presidente non "avesse ascoltato la voce del popolo". Decadenza della Costituzione e della presidenza, nuove elezioni parlamentari e presidenziali, nuova commissione costituzionale e nuova carta fondamentale.

L'eventualità peggiore si è concretizzata. E' il no di Morsi che invece offre il suo calendario politico: la presidenza e la Costituzione (scritta da una commissione composta quasi esclusivamente da islamisti) ci sono già; apertura del dialogo con le opposizioni per organizzare solo nuove elezioni parlamentari. Nessuna concessione ai militari né, soprattutto, ai milioni di oppositori scesi in strada a protestare. A questo punto non resta che l'ennesima ora della verità, oggi pomeriggio.

I Fratelli musulmani, gli oppositori e i militari. Negli slogan, nelle azioni e negli obiettivi enunciati hanno tutti superato la linea di non ritorno: chi fa una concessione perde tutto, come se i margini per un compromesso fossero stati definitivamente consumati. Per avviare la loro mappa politica, i militari la devono imporre con la forza. Fare cioè quello che i Fratelli musulmani già chiamano "colpo di stato".

Il vocabolario è già da guerra civile. Morsi in televisione e la fratellanza nelle strade, parlano di "martirio in nome della rivoluzione". Le opposizioni sono pronte al "sacrifico" pur di non lasciare piazza Tahrir, il totem della rivoluzione. Anche i militari, sul loro sito, ammoniscono di essere pronti a versare il sangue per la difesa della patria che crede nella rivoluzione. Parlano tutti della stessa rivoluzione e dello stesso Paese.
Il primo segnale concreto dello stato di tensione nel quale vive la città, è stato dato ieri notte, subito dopo il discorso di Morsi in televisione. All'Università del Cairo dove stavano svolgendo una manifestazione a favore del presidente, i Fratelli musulmani sono stati attaccati da bande armate. Gli scontri, sporadici, sono continuati nell'immensa area di Giza, fra il centro del Cairo fino alle piramidi. Ci sarebbero stati 23 morti e decine di feriti.

Gli aggressori non sono necessariamente gli oppositori venuti da piazza Tahrir. Molti sono interessati al caos, soprattutto i "feluol" i sostenitori del vecchio regime ancora molto forti nella burocrazia, nella polizia, nei servizi di sicurezza, nelle stesse Forze armate, con un forte consenso nella maggioranza silenziosa egiziana che si tiene lontana dalla piazza. Alle elezioni presidenziali dell'anno scorso il loro candidato, Ahmed Shafiq perse per pochi voti.

E' solo un assaggio di quello che potrebbe accadere questa sera, allo scadere dell'ultimatum, se i militari cercheranno d'imporlo, se i Fratelli musulmani tenteranno di opporsi e in piazza Tahrir decideranno di votarsi di nuovo al martirio.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi