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Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2013 alle ore 20:19.

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Stop della Consulta, bocciati la riforma e il taglio delle Province

Stop della Consulta al taglio e alla riforma delle Province. La Corte ha accolto il ricorso di 8 Regioni e dichiarato l'incostituzionalità delle misure con cui il Governo Monti aveva provato ad avviare, in due step, il riordino degli enti di area vasta.

Le norme bocciate
I giudici costituzionali hanno dichiarato l'incostituzionalità, da un lato, dell'articolo 23 del decreto salva-Italia che trasformava le amministrazioni provinciali in organismi di secondo livello e, dall'altro, degli articoli 17 e 18 della spending review che disponevano la cancellazione di quelle con meno di 350mila abitanti e un'estensione di 2.500 chilometri quadrati. Una riforma che peraltro era stata congelata fino al 31 dicembre 2013 dalla scorsa legge di stabilità.

Quagliarello: riformare il titolo V
«L'odierna sentenza della Corte Costituzionale sulle province rende ancora più importante intervenire attraverso le riforme costituzionali sull'intero Titolo V, in particolare per semplificare e razionalizzare l'assetto degli enti territoriali». Lo dichiara il ministro per le Riforme costituzionali Gaetano Quagliariello.

Le motivazioni della Consulta
Per effetto della pronuncia odierna dal congelamento si passa allo stop della riforma delle Province. Nel mirino della Consulta c'è soprattutto la decisione dell'allora Governo Monti di utilizzare un decreto legge per provvedere a un riordino di tipo ordinamentale. Il Dl, si legge nel comunicato della Corte, è un «atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza». E, in quanto tale, è «strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio». All'Esecutivo Letta il compito ora di correre ai ripari.

Ok al taglio dei tribunali, si salva solo Urbino
Regge invece all'esame della Corte costituzionale, per ora, la riforma della geografia giudiziaria. I giudici hanno giudicato infondate, infatti, le questioni che erano state sollevate dai Tribunali di Pinerolo, Alba, Sala Consilina, Montepulciano e Sulmona contro la loro soppressione; inammissibile è stata dichiarata invece quella del Friuli Venezia Giulia. Cancellata soltanto la soppressione del Tribunale di Urbino.

«La Corte costituzionale - si legge in un comunicato - ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, e del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, come sollevate dai Tribunali di Pinerolo, di Alba, di Sala Consilina, di Montepulciano e di Sulmona con le ordinanze di rimessione esaminate all'udienza pubblica del 2 luglio 2013 ed alla camera di consiglio del 3 luglio 2013».

La Corte ha dichiarato «l'illegittimità costituzionale del decreto legislativo n. 155 del 2012, limitatamente alla disposta soppressione del Tribunale di Urbino (reg. ord. n. 66 del 2013)». Infine, la Corte costituzionale ha dichiarato «inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Friuli Venezia-Giulia con il ricorso n. 179 del 2012».

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