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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2013 alle ore 15:59.

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Processo Ruby bis, il 19 luglio la sentenza per Fede, Mora e Minetti

È attesa per il prossimo 19 luglio la sentenza nei confronti di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti imputati a Milano per il processo sul caso Ruby tutti accusati dalla procura di Milano di induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile. Per i tre i pm Pietro Forno e Antonio Sangermano hanno chiesto la condanna a sette anni di carcere.

Al termine dell'arringa odierna della difesa di Nicole Minetti, la quale, secondo i suoi legali va assolta, il procuratore aggiunto Piero Forno ha annunciato che alla prossima udienza replicherà. Dopo la camera di consiglio probabilmente nel pomeriggio del 19 luglio la sentenza di primo grado.

Per la difesa l'ex consigliere regionale va asssolta
L'avvocato Paolo Righi, che ha difeso stamattina Nicole Minetti ha chiesto l'assoluzione per la sua assistita: «Si fanno richieste di pena indiscriminate, qui non si fanno prigionieri e non posso accettarlo. Qui bisogna fare giustizia. Nicole Minetti non c'entra niente, non ha effettuato alcuna attività induttiva né persuasiva nei confronti di Karima El Mahroug, non é un'intermediaria». L'avvocato ha definito «nulla probatorio» gli elementi esposti dall'accusa: «Non voglio credere che si possano chiedere sette anni di reclusione per un sms in cui Karima chiede il numero del ragionier Spinelli, sulla base di un nulla probatorio, e chiedo pertanto l'assoluzione». L'avvocato Righi difende Nicole Minetti esclusivamente dall'accusa di cui al primo capo di imputazione, per l'accusa di sfruttamento l'ex igienista dentale si è avvalsa della consulenza dell'avvocato Pasquale Pantano che ha confermato la richiesta di assoluzione perché «questo é stato un processo politico e mediatico».

Processo "ghettizzante" per tutte le donne
«Questo processo è ghettizzante per le donne», perchè dà «la patente da prostitute alle ragazze». È questo un altro dei passaggi dell'arringa di Pasquale Pantano.
Il legale, davanti ai giudici della quinta sezione penale del tribunale presieduti da Annamaria Gatto, ha tentato di smontare le ipotesi dell'accusa, rilevando che la sua assistita non ha avuto una condotta tipica di induzione alla prostituzione: «La prova che abbiamo è che nessuna delle ragazze guardando lo spettacolo - ha proseguito riferendosi alle serate ad Arcore così come riferite dai testi dell'accusa - sia stata indotta a prostituirsi».


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