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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2013 alle ore 06:40.

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Tra le pieghe del decreto lavoro si intravede una sorta di riabilitazione della contrattazione di prossimità, introdotta dall'articolo 8 del Dl 138/2011: l'aver restituito, con delega "in bianco", il potere derogatorio alla contrattazione collettiva a qualsiasi livello e in via non più delegata, ridà un nuovo impulso a questo tipo di intese.
L'avere inoltre previsto - attraverso il deposito presso la Direzione territoriale del lavoro - il monitoraggio di questi accordi che, perseguendo finalità "nobili" (maggiore occupazione, aumento della produttività, e così via), possono derogare alle disposizioni di legge e contrattuali, supera anche la tesi a suo tempo sostenuta dal ministero del Lavoro (circolare 18/2012), il quale aveva letto l'impostazione gerarchica sancita dalla legge 92 rispetto ai diversi livelli di contrattazione come un ripensamento di questa metodologia, precludendone - di fatto - il ricorso.
Nel dettaglio, con l'intervento del Dl 76, pur senza dover necessariamente ricorre all'impianto del Dl 138/2011, il contratto a termine senza indicazione delle ragioni giustificatrici, al di là dell'ipotesi ordinaria riferita al primo rapporto a tempo determinato, può essere stipulato in qualsiasi altra casistica prevista dalle intese di ogni livello.
In generale, però, le nuove regole sui contratti a termine presentano alcune zone d'ombra, che necessitano di chiarimenti in sede di conversione.
Il contratto acausale (massimo 12mesi) è diventato ora prorogabile però non è chiaro se la proroga debba intendersi come ammessa ma soltanto nell'arco temporale dei 12 mesi, e quindi in caso di proroga con sforamento sia dovuta l'indicazione delle ragioni giustificatrici del prolungamento del contratto
Un secondo handicap riguarda l'intervento della contrattazione aziendale sul contratto a termine acausale e sugli "stop&go", che potrebbe risultare più tortuoso nelle micro e piccole aziende non sindacalizzate poiché la mancanza di rappresentanze sindacali interne renderebbe più complicato la realizzazione di intese in tal senso.
Infine, qualora le norme in materia di contratto a termine dovessero subire modifiche nell'iter parlamentare di conversione in legge del decreto 76, si verrebbe a creare un “limbo” di regole diverse che complicherebbe oltremodo l'utilizzo di questa fattispecie contrattuale, che già nel corso degli ultimi anni ha visto un susseguirsi di norme che si sono via via stratificate, originando un sistema all'interno del quale è difficile orientarsi.
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