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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2013 alle ore 21:29.
Terremoto politico nel piccolo (ma grande crocevia finanziario) Granducato di Lussemburgo, uno degli stati europei più stabili. Jean-Claude Juncker, premier ininterrottamente dal 1995, getta la spugna travolto dalle accuse di non aver vigilato correttamente sui servizi segreti lussemburghesi. Juncker ha rassegnato le dimissioni annunciando la convocazione di elezioni anticipate. In un rapporto della commissione d'inchiesta sulla condotta dei servizi segreti Srel, che per anni avrebbero spiato e intercettato illegalmente un gran numero di cittadini, al premier del Granducato, alla guida del governo da 18 anni, viene addossata la "responsabilità politica" per quelli che vengono definiti gravi malfunzionamenti dell'intelligence lussemburghese.
«Convoco per domani alle 10 una riunione del governo e dopo presenterò le dimissioni al granduca», ha detto al termine di sette ore di dibattito parlamentare, dopo che, oltre all'opposizione, anche i suoi alleati socialisti avevano presentato una mozione per chiedere lo scioglimento della Camera dei deputati e elezioni anticipate entro tre mesi. «Constato che una maggioranza della Camera vuole le elezioni anticipate», ha aggiunto, concludendo «non ho altra scelta che presentare le dimissioni del governo».
La resa dei conti è cominciata nell'aula del Parlamento, dove il ministro di stato (questa la dicitura ufficiale) si è difeso con le unghie e con i denti, punto per punto, per ben due ore (lui ne aveva chieste quattro, ma i deputati non gliele hanno concesse) sul dossier, dopo diverse audizioni in autunno e già un voto di fiducia un mese fa, allora superato grazie all'appoggio dell'alleato di governo socialista che oggi invece è venuto meno.
«Se sudo, non è perché ho paura ma perché fa caldo», ha sferzato con la consueta ironia Juncker, 58 anni, che ha respinto ogni responsabilità accusando la commissione parlamentare competente, in piedi dal 2004, di non aver svolto adeguatamente il suo lavoro di monitoraggio dei servizi segreti, lo Srel. E ha gettato ai 60 deputati il guanto della sfida del voto di fiducia, il secondo in un mese, cosa mai vista dall'indipendenza del Lussemburgo nel 1848: «Se dovete votare, votate». Ma, dopo il dibattito ha deciso invece per le dimissioni.
Il rapporto parlamentare presentato oggi inchioda Juncker in quanto formalmente a capo di un'intelligence che non ha controllato a dovere, dove emerge che quest'ultima avrebbe agito come una "struttura di polizia segreta", compiendo migliaia di intercettazioni illegali, organizzando missioni fuori dal suo mandato e addirittura facendo affari rivendendo berline di grossa cilindrata. Juncker stesso, vittima di registrazioni (compiute in stile James Bond con orologi-registratori) da parte dell'allora capo dell'intelligence, una volta al corrente dei fatti non avrebbe però preso i provvedimenti giuridici conseguenti, ed è stato accusato anche di avere infiltrato il suo ex autista dentro lo Srel. Di mezzo anche accuse al Grand Duca Henri, che sarebbe stato in contatto con i servizi segreti britannici, e la costruzione di un falso dossier di pedofilia a carico del procuratore generale che voleva indagare sulla serie di attentati compiuti a metà anni Ottanta. Una storia nota come l'affare dei "bombaroli", i "bommeleeer" in lussemburghese. A questo si aggiunge il malessere politico-economico degli ultimi tre anni, covato all'ombra dell'assenza del premier occupato con l'Eurogruppo a gestire la crisi dell' eurozona, durante cui l'ormai ex delfino e ministro delle finanze Luc Frieden ha stretto una serie di controversi accordi commerciali con il Qatar, tra cui quello su Cargolux, che ha portato il "gioiello di famiglia" del Lussemburgo vicino al crollo. "Riguardando agli ultimi 30 anni, direi che durante i primi dieci avrei dovuto essere più indulgente nei confronti degli altri, mentre gli ultimi tre avrei dovuto esserlo meno", ha ammesso Juncker recentemente. Ora, invece, non restano che le elezioni anticipate, probabilmente il 20 ottobre.
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