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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2013 alle ore 08:24.

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VENEZIA
Tutto è partito da una verifica fiscale nei confronti della Cooperativa San Martino di Chioggia Scarl, fondata nel 1966 all'indomani dell'acqua granda, l'alluvione che per prima mise al centro dell'attenzione la necessità di tutelare Venezia. I finanzieri avrebbero accertato l'utilizzo di una società "cartiera" austriaca, mediante la quale veniva fatto lievitare – fittiziamente – il costo di acquisto delle palancole e dei sassi da annegamento provenienti da una società croata, così da creare, in Austria, fondi neri a disposizione dei referenti della cooperativa, arrestati ieri. È inciampato sui sassi il già accidentato percorso del Mose – acronimo che sta per Modulo sperimentale elettromeccanico – destinato a difendere Venezia dalle acque alte. È passato meno di un mese dalla installazione della prima paratoia.
L'operazione – coordinata dalla pm Paola Tonini – è scattata all'alba, con 500 uomini delle Fiamme gialle del nucleo Polizia tributaria di Venezia che hanno condotto un'operazione simultanea in Veneto, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Emilia Romagna e Campania. Sette arresti domiciliari e altrettanti obblighi di dimora, un centinaio di indagati, oltre 140 le perquisizioni eseguite; le accuse vanno dalla turbativa d'asta alle fatture false, fino agli appalti non regolari.
Fra i sette c'è anche l'ex presidente e direttore generale del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, 81 anni, ingegnere, considerato il padre dell'opera, dimessosi lo scorso 28 giugno, ai domiciliari come Pio Savioli, consigliere.«Lo sviluppo delle investigazioni – spiegano gli uomini del Comando provinciale della Gdf di Venezia – allargatesi a macchia d'olio a numerose altre società del consorzio, ha fatto emergere il ruolo dominante e discrezionale del Consorzio Venezia Nuova e, in primis, del suo presidente, ruolo che gli permetteva di agevolare alcune imprese a scapito di altre. È stato dunque individuato il meccanismo di distorsione del regolare andamento degli appalti operato da Mazzacurati, che predeterminava la spartizione delle gare allo scopo di garantire il monopolio di alcune imprese sul territorio veneto, di "tacitare" i gruppi economici minori con il danaro pubblico proveniente da altre pubbliche amministrazioni e quindi di conservare a favore delle imprese "maggiori" il fiume di danaro pubblico destinato al Consorzio Venezia Nuova».
Sotto accusa è ora il sistema che ha consentito la concentrazione di potere e discrezionalità in un unico soggetto: il Consorzio Venezia Nuova – costituito da grandi imprese di costruzione italiane, cooperative e imprese locali – è infatti il concessionario del ministero delle Infrastrutture e Trasporti - Magistrato alle Acque di Venezia per la realizzazione degli interventi per la salvaguardia di Venezia e della laguna di competenza dello Stato: una serie di attività molto ampia, da anni in corso di attuazione. L'operazione di ieri corre parallela all'inchiesta che aveva portato all'arresto di Piergiorgio Baita, ex amministratore delegato della Mantovani, azienda protagonista delle principali grandi opere pubbliche in Veneto degli ultimi anni, Mose incluso.
In serata il Consorzio Venezia Nuova, con una nota a firma del dg Hermes Redi, si è detto «estraneo alle condotte al centro di una inchiesta della procura di Venezia e contestate, tra gli altri, all'ex presidente Mazzacurati». Il Mose è già finanziato per 4.934 milioni; l'opera, la cui costruzione è stata autorizzata nell'aprile del 2003 e avviata nel maggio dello stesso anno, «a fronte di un flusso di finanziamenti costante e regolare nel tempo – si legge nei documenti del Consorzio – verrà completata nel 2016. Il costo totale è di 5.493 milioni di euro». Una cifra che ha fatto commentare amaramente all'ex sindaco Massimo Cacciari: «Alla fine è un'operazione da 6 miliardi di euro e questo dice tutto. La mia posizione sul Mose è nota: tutti i governi si sono sempre schierati a favore di questa opera, di destra o di sinistra, indistintamente. Nessuno mi ha ascoltato».
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CONCLUSO NEL 2016
L'inchiesta
Sette arresti domiciliari e altrettanti obblighi di dimora, un centinaio di indagati, oltre 140 perquisizioni in numerosi regioni. Sono le prime conclusioni dell'operazione della Guardia di finanza sul Consorzio Venezia Nuova, che gestisce gli interventi di salvaguardia di Venezia. Le accuse vanno dalla turbativa d'asta alle fatture false, fino agli appalti non regolari. Fra le persone agli arresti domiciliari anche Giovanni Mazzacurati, già presidente e direttore generale del Consorzio Venezia Nuova, considerato il "padre" del Mose
Il sistema
Le indagini sono partite da una verifica fiscale svolta nei confronti della Cooperativa San Martino di Chioggia, dalla quale è emerso l'utilizzo di una società "cartiera" austriaca mediante la quale veniva fatto lievitare fittiziamente il costo di acquisto delle palancole e dei sassi da annegamento provenienti da una società croata, così da creare in Austria dei "fondi neri" a disposizione dei referenti della cooperativa arrestati
Tempi e costi
Il Mose è già finanziato per 4.934 milioni di euro. Neanche un mese fa sono state posizionate le prime paratoie. L'opera verrà conclusa prevedibilmente nel 2016, per un costo totale di 5.493 milioni di euro: secondo l'inchiesta, un valore praticamente triplicato

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