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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2013 alle ore 08:25.

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COSENZA
Ci sono il principe del foro e il vigile urbano, l'architetto e l'imprenditore ma, soprattutto, c'è un'intera Giunta comunale – quella di Scalea, nell'alto tirreno cosentino – che finisce in galera. Si salva solo un assessore, quello alla Cultura, a dimostrazione che forse certi posti non vengono lasciati a caso ai margini dalla politica che vuole fare affari.
Il vicesindaco Giuseppe Forestieri è invece l'unico a non seguire la sorte del primo cittadino, Pasquale Basile e di altri quattro assessori, tutti arrestati. Per lui, infatti, da oggi scatta l'obbligo di presentarsi tutti i giorni alle 16 presso la stazione dei Carabinieri. Festivi esclusi.
È finito così – ma solo per il momento perché gli sviluppi non mancheranno e non a caso ieri il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha nominato la commissione prefettizia di accesso agli atti – l'ultimo round dell'operazione "Plinius" condotta dal Comando provinciale dei Carabinieri di Cosenza che ieri ha dato esecuzione all'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro, Gabriella Reillo, nei confronti di 38 indagati a vario titolo per associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione per delinquere di tipo mafioso, sequestro di persona, detenzione e porto di armi comuni e da guerra, estorsione, rapina, corruzione, turbativa d'asta, turbata libertà del procedimento amministrativo, concussione, falso, istigazione alla corruzione e minaccia, tutti aggravati dal metodo mafioso. Sono invece 21 i denunciati in stato di libertà per i medesimi reati. A coordinare le indagini il Procuratore aggiunto di Catanzaro, Giuseppe Borrelli e il sostituto procuratore della Dda Vincenzo Luberto. Non c'era, secondo investigatori e inquirenti, un solo affare che sfuggisse alla presunta associazione a delinquere: dai lavori pubblici al commercio, dal turismo alle licenze, dall'ambiente alla raccolta dei rifiuti. Secondo il Comandante provinciale dei Carabinieri, Francesco Ferace, la consorteria era «agguerritissima nell'accaparrarsi tutte le finanze del Comune e quando dico tutte, dico tutte» e, secondo le ricostruzioni dei pm, era riuscita a orientare le elezioni amministrative del 2010 facendo eleggere gran parte dei candidati, dei quali uno, quello che diventerà poi assessore al Commercio, Antonio Stummo, parente diretto di uno dei principali rappresentanti della presunta cosca omonima.
La lettura dell'ordinanza mette in luce un quadro probatorio che – secondo Borrelli e Luberto – difficilmente appare così limpido in un'indagine sui rapporti tra ‘ndrangheta, politica ed economia. Gip e pm si sono trovati d'accordo quasi su tutto, a partire da una considerazione devastante per la democrazia. «Il Comune è amministrato dalla ‘ndrina Valente-Stummo – si legge non senza stupore a pagina 466 del provvedimento – ma il pericolo più grave è quello di un probabile imminente scontro armato fra le due fazioni. L'indagine dimostra che Pietro Valente e Mario Stummo hanno vissuto una tregua assai precaria che è stata completamente sovvertita dal ritorno in libertà di Luigi Muto. Infatti Pietro Valente è stato percosso, in modo volutamente clamoroso, dagli uomini di Stummo, il giorno dopo la scarcerazione di Luigi Muto, tanto da essere costretto a trovare rifugio a Sala Consilina dove ha avuto l'appoggio di Vito Gallo cioè di un noto narcotrafficante da sempre vicino a Franco Muto. Lo stesso Valente, lungi dall'accettare il ridimensionamento, è in costante contatto con i propri sodali i quali, a loro volta, si recano a Cetraro evidentemente per essere autorizzati o spalleggiati al compimento di azioni violente in danno degli uomini di Stummo».
In filigrana, dunque, emerge il ruolo della potentissima cosca Muto di Cetraro e il rischio di una guerra, a Scalea, destinata ad alterare tutti gli equilibri sulla costa. I pm sono durissimi sul sindaco Basile e su tutta la Giunta. Il primo cittadino secondo l'accusa avrebbe «gestito gli appalti comunali secondo le indicazioni di Valente e Stummo, è costantemente impegnato a cercare un punto di mediazione fra le due fazioni come si evince in modo evidente nella gestione dell'appalto per l'assegnazione dei lotti frangivento». L'ordinanza fa addirittura ricorso all'ironia, quando scrive che il sindaco Basile «esercitava il suo mandato, in quella che è possibile definire una sede ignota ai più: lo studio dell'avvocato Mario Nocito (anch'esso arrestato, ndr), presso il quale non esita a sedere allo stesso tavolo con Pietro Valente».
r.galullo@ilsole24ore.com
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