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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2013 alle ore 10:52.

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Arresto famiglia Ligresti, occultato un buco di 600 milioni

Le ipotesi di reato sulle quali ha indagato la Procura sono falso in bilancio aggravato e manipolazione di mercato. Secondo gli investigatori, i vertici di Fondiaria Sai avrebbero occultato al mercato di un "buco" nella riserva sinistri di circa 600 milioni. Informazioni sensibili, dunque, la cui mancata comunicazione ha provocato gravi danni ad almeno 12mila risparmiatori.

Le fasi dell'inchiesta
L'inchiesta di Torino, risale all'estate scorsa ed è nata sulla scia dell'azione avviata dalla Procura di Milano su Premafin, sempre una società del gruppo Ligresti. In origine, l'inchiesta è stata aperta sull'ipotesi di falso in bilancio e ostacolo all'attività di vigilanza relativamente al quadriennio 2008-11.
Poi nel febbraio 2013 il "salto" e l'aggiunta dell'ipotesi di reato di infedeltà patrimoniale, un filone aperto dopo la presentazione di numerose querele da parte dei piccoli azionisti del gruppo. Un ulteriore passaggio risale alla primavera scorsa quando le indagini degli inquirenti e il nucleo di Polizia tributaria delle Fiamme gialle di Torino toccano un punto chiave dell'intera faccenda, e cioè i meccanismi di riserva a copertura dei sinistri mortali. Con la quantificazione in 600 milioni di euro il buco nelle coperture, non comunicato al mercato. Dopo il falso in bilancio, l'ostacolo alla vigilanza e l'infedeltà patrimoniale, si è ipotizzato anche fattispecie di reati più gravi come la manipolazione del mercato e il falso in prospetto. Con un allargamento del perimetro degli indagati e la notifica, da parte dei pm Vittorio Nessi e Marco Gianoglio, di altri 14 nuovi avvisi di garanzia a carico dei membri del comitato esecutivo di Fondiaria Sai che nel marzo 2011 hanno approvato il bilancio 2010.

Il bilancio "incriminato"
Sotto la lente degli inquirenti è finito l'aumento di capitale lanciato nel giugno 2011 e il prospetto informativo costruito sulla base del bilancio 2010. In entrambi i documenti, si parla di «un adeguamento delle riserve sinistri per un importo di circa 615 milioni» mentre si sarebbe taciuto di altri 600 milioni di integrazioni necessarie, individuate poi dall'Isvap (oggi Ivass), pochi mesi dopo. Da questo quadro sarebbe emersa la doppia accusa: prima il falso il bilancio e poi il falso nel prospetto che su quel bilancio si basava, documenti manipolati, si sostiene, per evitare il tracollo dei titoli a Piazza affari.
La guardia di finanza nei mesi scorsi aveva perquisito più volte le sedi del gruppo e sequestrato numerosi supporti informatici.

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