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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2013 alle ore 13:29.

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Il picco più basso nel contesto di crisi generale. È quello dei pensionati che vivono in campagna: 7 su 10 sono vicini alla soglia di povertà. Lo sottolinea l'Anp-Cia, l'associazione pensionati della Confederazione italiana agricoltori. Se l'Inps ha ricordato che quasi metà degli anziani a riposo vive con meno di mille euro al mese, ancora peggio va nelle zone rurali: in quelle aree c'è la massima concentrazione di assegni minimi, sotto i 500 euro. Una situazione peggiorata fortemente negli ultimi cinque anni.

Secondo l'Istat i poveri in Italia sono più di 9 milioni e mezzo. «Le persone che vivono nelle campagne e si avvicinano alla soglia sono circa 3 milioni - dice Vincenzo Brocco, presidente Anp-Cia. – Da quando è iniziata la crisi c'è stato un aumento superiore al 20%». Il vero problema secondo l'associazione è il fiscal drag. «Se l'inflazione è del 2% e alzi gli assegni della stessa percentuale, non puoi prenderti metà di quell'incremento con le tasse. C'è chi si è trovato a pagare di più perché cumulando una casa e una piccola pensione è passato allo scaglione più alto». Come si spiega il fatto che nelle zone rurali le difficoltà sono maggiori? «Quelle aree ospitano tanti artigiani, commercianti, coltivatori diretti: lavoratori autonomi che sono andati in pensione tardi e in molti casi hanno preso quella minima».

L'Anp parla di un calo del potere d'acquisto del 33% negli ultimi 15 anni. Chiede il recupero del drenaggio fiscale, l'indicizzazione degli assegni in base al costo della vita. Descrive un quadro nerissimo per i pensionati che vivono in campagna: servizi ridotti, sanità tagliata, molti uffici postali chiusi. Una crisi nella crisi, nel contesto dei quasi 5 milioni di italiani di tutte le età in povertà "assoluta": persone che non riescono a comprare nemmeno i beni essenziali. Una sofferenza che sembra intensificarsi lontano dalle città.

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