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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2013 alle ore 06:38.

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Il deputato Sifounakis del Pasok è stato addirittura portato dall'ospedale in aula per votare il disegno di legge sui licenziamenti degli statali. E alla fine il governo di Antonis Samaras ha superato, seppur di poco, la prova del Parlamento sulla criticata riforma dell'amministrazione pubblica che prevede la messa in mobilità con stipendio al 70% per 8 mesi, lo spostamento ad altre funzioni o il licenziamento per 25mila dipendenti statali, con la soppressione della polizia locale e dei bidelli delle scuole, entro la fine dell'anno nel quadro di una più ampia riduzione di 150mila dipendenti pubblici entro la fine del 2015.
A nulla sono valsi giorni di scioperi e manifestazioni di piazza: con 153 voti su un totale 300 deputati, Atene ha detto sì al disegno di legge che dà il via libera al piano di riduzione degli statali. Il tutto mentre iniziava la visita in una Atene blindata del ministro delle Finanze tedesco, Wolfang Schäuble, che portava 100 milioni di euro in dote per finanziare le piccole e medie imprese greche colpite dal credit crunch e ribadiva che «la Grecia deve smetterla di discutere di una seconda ristrutturazione del debito». Schäuble si è detto «molto impressionato» per quanto Atene ha fatto finora per riequilibrare e modernizzare la propria economia. «Il mio consiglio - ha aggiunto - è di smetterla con questa discussione» su una maggiore svalutazione del debito. «Dobbiamo restare fedeli a quello che abbiamo raggiunto, qualsiasi altra cosa non é nel miglior interesse della Grecia».
Ma la vera buona notizia è che in cambio della riduzione dei costi del personale statale (tra cui la norma che accelera entro il 1° novembre le sentenze sui ricorsi dei licenziamenti di dipendenti pubblici) è stata ridotta dal 1° agosto l'Iva per i ristoranti e i prodotti di ristorazione dal 23 al 13%, proprio nel mezzo della stagione turistica. Tagliate le spese pubbliche, ridotte le imposte. Una lezione interessante anche per altri Paesi mediterranei.
Le misure del resto rientrano tra quelle necessarie per ottenere una nuova tranche di prestiti dalla troika e arrivano proprio nel giorno in cui Bruxelles non ha escluso che alla fine del programma di aiuti Efsf che si concluderà nel 2014 possa restare un "buco finanziario" tra i 2,8 e i 4,6 miliardi di euro mentre per l'Fmi l'ammanco potrebbe toccare i 10 miliardi di euro.
Ma sul disegno di legge approvato dopo la mezzanotte di martedì, mentre in migliaia protestavano fuori dal parlamento, si giocava la tenuta del governo Samaras, che ha una maggioranza di soli cinque voti dopo la crisi politica di giugno causata dalla chiusura brutale della tv pubblica greca e l'uscita dalla coalizione del partito della Sinistra democratica, Dimar. E, soprattutto, la nuova tranche di aiuti, quasi 6,8 miliardi di euro.
A nulla sono valse le proteste di migliaia di dipendenti pubblici, insegnanti, vigili urbani che da martedì si sono riuniti a piazza Syntagma davanti al Parlamento nella speranza di conservare il lavoro, bloccando l'approvazione della riforma. E se Samaras, dopo il voto, ha rivendicato il risultato ottenuto sull'Iva promettendo ai greci «giorni migliori», il leader di Syriza, sinistra radicale, Alexis Tsipras, ha parlato di «sacrificio umano» definendo il progetto un «disastro».
Il tutto mentre davanti al ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, rappresentante di quella Germania vista dai greci, come il principale autore delle misure di austerità, e con tutte le piazze del centro controllate dalla polizia per evitare manifestazioni non autorizzate, è stato firmato dal ministro greco per lo Sviluppo, Costis Hatzidakis, e dal presidente della Banca tedesca per lo sviluppo (KfW), Ulrich Schroder, l'intesa sul Fondo ellenico per lo sviluppo. Fondo che nelle intenzioni di Atene e Berlino dovrebbe costituire la risposta al problema dell'economia reale. Il fondo avrà sede in Lussemburgo e dovrebbe disporre di circa 500 milioni di euro, 100 dei quali saranno forniti dalla Germania, sempre se la Grecia rispetterà tutti gli impegni che si è assunti nei confronti dei creditori. Berlino fa pressing ma non vuole il collasso di Atene, almeno non prima del voto tedesco di settembre.
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