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Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2013 alle ore 08:15.

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MOSCA. Dal nostro inviato
È necessario accompagnare a una politica di riduzione della spesa anche uno sforzo di accelerazione della riduzione del debito pubblico, per favorire le aspettative degli investitori e irrobustire la ripresa in arrivo. Così il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, che ieri qui a Mosca ha incontrato anche la business community nazionale, ha spiegato ai giornalisti italiani la rotta che intende seguire nei prossimi mesi. Una rotta che ha, in questo momento, una sola priorità: ritrovare il sentiero della crescita.
Ma la necessaria riduzione del debito pubblico non significa vendita domani dei campioni nazionali. Tant'è che, alla domanda esplicita dell'intervistatore di Bloomberg Television: «Lei dunque non esclude l'ipotesi di cedere quote di Enel, Eni o Finmeccanica?», la risposta di Saccomanni è stata: «Si, ma occorre tener conto anche di numerose altre questioni: si tratta di società che fanno profitti e che danno dividendi al bilancio pubblico».
Per questo, la parola d'ordine del Governo, che attualmente sta considerando in termini più generali il problema della riduzione di un debito oggi pari al 130% del Pil è, in primo luogo, «valorizzazione» degli asset, sia che si tratti di immobili sia che si tratti di quote di grandi controllate: gli attivi di proprietà pubblica potranno anche essere utilizzati, ha spiegato il ministro, come collateral, cioè come garanzia, a fronte di emissioni di titoli di Stato o prodotti finanziari comunque finalizzati a ridurre il debito pubblico. «Gli importi interessati dal piano che il Governo intende mettere a punto prima della fine dell'anno – ha spiegato Saccomanni – saranno in ogni caso ben più contenuti delle cifre di cui si favoleggia» ha chiarito il ministro, con un implicito riferimento alle ipotesi di maxi-operazioni sul debito circolate anche in anni passati.
Quanto alla crescita, Saccomanni è fiducioso che entro la fine dell'anno si materializzerà, anche perché la scelta del Governo di garantire il rimborso di 40 miliardi di debiti della Pa nell'arco di 12 mesi è una scelta di supporto concreto della domanda interna: l'intervento vale due punti e mezzo di Pil e Banca d'Italia ha calcolato che, se messo in atto entro il 2014, il sostegno al Pil vale mezzo punto percentuale. Ma l'intenzione di far affluire anche più velocemente queste risorse al sistema economico è molto concreta: il ministero ha infatti spiegato che i fondi già messi a disposizione da Tesoro e Cassa depositi e prestiti ai vari enti della Pa, affinché realizzino materialmente i loro rimborsi entro trenta giorni, si aggirano intorno ai 12 miliardi. Secondo fonti ministeriali, infatti, 590 milioni di euro sono state fornite dal Tesoro ai ministeri; un miliardo e 600 milioni è andato alle regioni e una cifra analoga è stata messa a disposizione degli enti territoriali; circa 5 miliardi derivano da deroghe al patto di stabilità interno che mettono in condizione gli enti locali di rimborsare e 2,2 miliardi sono rimborsi fiscali. A questo ammontare, che si aggira sugli 11 miliardi occorre aggiungere almeno un altro miliardo di crediti sanitari.
Ma l'attuale plafond (20 miliardi di rimborsi l'anno) potrà anche essere aumentato se alla fine dell'estate si saranno verificate due condizioni: la prima è che i vari enti centrali e decentrati dello Stato abbiano effettivamente rispettato la tabella di marcia dei pagamenti effettivi ai loro creditori (e un monitoraggio stretto, in tal senso, scatta già a partire da lunedì, perché il Tesoro intende dare massima trasparenza a tutti i passaggi operativi delle operazioni di pagamento). La seconda condizione, a cui il Tesoro guarda con attenzione, è che il mercato finanziario non appesantisca nei prossimi mesi gli oneri del debito.
Infine, il ministro ha commentato con grande soddisfazione l'annuncio della Bce di ampliare la gamma dei titoli cartolarizzati che si basano sui prestiti alle Pmi accettabili in garanzia dalle aziende di credito: «È un fatto positivo: finalmente si sono svegliati». «La Bce deve fare la sua parte» per favorire i crediti alle imprese, ha poi specificato, ricordando che però «il governatore Mario Draghi ha forti opposizioni interne». La Bce dovrebbe tuttavia – secondo Saccomanni – «spingere un po' di più» per spiegare che la liquidità che le banche ottengono deve essere effettivamente investita per le imprese.
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