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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2013 alle ore 19:49.

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Banca Centrale di Pechino (Reuters)Banca Centrale di Pechino (Reuters)

Le banche non dovranno più fare i conti con il limite imposto dalla Banca Centrale Cinese nella concessione dei prestiti a famiglie e imprese: fino ad oggi, infatti, c'era un limite al di sotto del quale non potevano scendere e che limitava la concorrenza sul mercato (pari ad uno sconto del 30% rispetto al tasso di riferimento in vigore, attualmente quello sui prestiti ad un anno è al 6%).

A convincere il Governo a rimuovere il limite i numeri dell'economia che viaggia a tassi di crescita ai minimi degli ultimi 20 anni (per il 2013 è previsto un +7,5% del Pil che farebbe la felicità di qualsiasi Paese europeo ma che turba il sonno dei governanti di Pechino). Lo scopo è di incentivare la concessione dei prestiti, quindi immettere maggiore liquidità nell'economia per dare un ulteriore impulso alla crescita. La mossa potrebbe infatti spingere gli istituti di credito a concedere prestiti a tassi sempre inferiori, soprattutto in un momento in cui le imprese, ma anche le amministrazioni locali, devono fare i conti con un onere crescente sul fronte del rimborso degli interessi.

Anche se la Banca Centrale di Pechino, la Banca Popolare Cinese, ha già mandato un chiaro messaggio agli istituti, che «dovranno fissare i tassi in modo ragionevole sulla base delle richieste del mercato e considerando i fattori di rischio», è indubbio che si tratti di un'apertura notevole. Non a caso uno studio ripreso dal Wall Street Journal parla di possibili ricapitalizzazioni fino a 100 miliardi di dollari per le banche cinesi nei prossimi due anni. E c'è anche chi vede dietro la mossa la decisione del nuovo esecutivo cinese, salito al potere a novembre di spingere maggiormente verso la direzione del mercato e della concorrenza, per trovare nuovi stimoli ad una crescita sinora foraggiata nel nome del capitalismo di stato.

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