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Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2013 alle ore 11:10.

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Questa volta no, sembrava che non fosse possibile. Perché il secondo e il terzo giro sul campo stellato di Muirfield erano stati tutt'altro che positivi. Troppi gli errori, troppe le sviste, troppa la fretta di fare bene che diventava, colpo dopo colpo, dannazione e tristezza. Poi qualcosa è cambiato. Nella giornata decisiva, quella che metteva in palio uno dei trofei più ambiti per chi pratica golf per diletto e per lavoro, è arrivato il guizzo inatteso che ha risolto il torneo e regalato una gioia grande così al nuovo re di Scozia. Che ora sarà costretto a rivedere le logiche della sua bacheca, perché l'Open Championship è il major più vecchio del circuito golfistico internazionale. Merita uno spazio di tutto rispetto. Phil Mickelson ce l'ha fatta. Con 66 colpi nell'ultimo giro, ben 5 sotto par, ha prima raggiunto e poi superato i campioni che lo precedevano in classifica. Il suo, un giro perfetto. Da fuoriclasse.

«Non avrei mai potuto immaginare – ha dichiarato Mickelson a fine gara – di migliorare tanto il gioco sui links. Credetemi, giocare il miglior giro della mia storia e avere con me la Claret Jug è una gioia indescrivibile». Per quei pochi che non lo sapessero, la Claret Jug è la coppa che viene consegnata al vincitore dell'Open. Per gli addetti ai lavori, vale come un Oscar alla carriera. È il simbolo del talento declinato allo sport della pallina e del tee, del green e del putter, dell'eleganza (altro che calzoncini sporchi e magliette bagnate dal sudore) e sì, pure del denaro. Perché alzare la Claret Jung significa portare a casa poco meno di un milione di sterline. Tradotto nella moneta del nostro quotidiano, più di un milione di euro. Che nel caso di Mickelson si vanno ad aggiungere alla montagna di denaro che "Lefty" (amici e colleghi lo chiamano così per via del suo swing mancino) ha messo da parte in anni di onoratissima carriera sui campi di tutto il mondo. È uno degli uomini più ricchi del pianeta. Come Tiger Woods. L'avversario da battere.

Dopo Muirfield, il punteggio è 14-5 per Tiger. Capitolo major. Con la vittoria di ieri, Mickelson accorcia le distanze da sua maestà Woods e comincia a pensare a come sarebbe bello riuscire prima o poi a fare suo l'unico torneo dello Slam che ancora gli manca, lo Us Open, che invece Tiger (che pure non vince un major dal 2008) ha conquistato tre volte. E dire che fino a sabato sera i favori del pronostico erano tutti (o quasi) per lui, Tiger, che aveva raccolto numeri importanti nelle prime tre giornate scozzesi. Il tempo di chiudere i conti con la buca di apertura – primo bogey e tanta rabbia – ed è stato subito chiaro che il vento era cambiato. Quello sul campo, certo, ma non solo. Tiger ha gettato letteralmente per aria la possibilità di ritornare sull'Olimpo del golf. Ma la grinta, quella no, c'è ancora. «Sento che il mio gioco c'è – ha detto il compagno della bravissima e bellissima Lindsey Vonn - e posso finalmente vincere un major. Il prossimo (ndr, PGA Championship, negli Stati Uniti) è tra un paio di settimane, no?». Woods guarda avanti e pensa positivo.

Grande, grandissimo protagonista delle quattro giornate in terra di Scozia è stato il nostro Francesco Molinari, che ha tagliato il traguardo di fine corsa al nono posto, il suo miglior piazzamento in un major. Vero, se Francesco fosse riuscito a indovinare qualche putt in più nelle prime buche ora staremmo parlando di una prestazione da brividi, ma giusto accontentarsi per una prova da applausi che premia il grande lavoro del golfista italiano. L'ultimo giro è stato speciale perché ha giocato spalla a spalla con Mickelson, un collega che gode della stima di tutti «perché gli piace parlare e non crea tensioni». Sì, perché se Phil sorride, Tiger abbozza e sbuffa. Entrambi speciali, sono diversissimi nel modo di intendere il rapporto con il prossimo. A ognuno il suo.

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