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Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2013 alle ore 11:20.

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Pedopornografia e violenza online, giro di vite di Cameron

Cameron lo ha assicurato: la stretta sul porno online non ha nulla che fare con pretese «moralizzatrici e allarmiste» sui gusti degli inglesi. Il giro di vite sull'oscenità in rete, con tanto di black list a uso e consumo dei filtri di Google, Bing e Yahoo, è il proseguimento naturale di una guerra al materiale pedopornografico. Dove il numero uno di Downing Street interviene «come politico e come padre». Soprattutto come politico, nella sfida ai tanti (di quota labour e non) che gli rinfacciano il pollice di ferro ai microfoni dei media e i tentennamenti alla verifica dei fatti.

La sterzata anti-pedopornografia sarà annunciata oggi in un intervento alla Nspcc (National Society for Prevention of Cruelty to Children), l'associazione che contrasta gli abusi dei minori sull'Isola. Il contrattacco ai contenuti sospetti si gioca su tre provvedimenti: l'inclusione della simulazioni di stupri nel cosiddetta «pornografia estrema», fuori legge dal 2008 e includente fenomeni come necrofilia o «minacce alle vita» delle persone filmate; una black list curata dal Centro per la tutela dei minori (il Ceop, Chid Exploitation and Online Protection Centre) per individuare e segnalare le parole chiave ricercate dai pedofili; un archivio di immagini di bambini a disposizione della polizia, per censurare qualsiasi immagine ambigua e, a maggior ragione, esplicita di giovani e giovanissimi. Il filtro è a scatto automatico: qualsiasi sistema a banda larga installato è provvisto di una barriera interna che blocca e disattiva il collegamento alle pagine individuate.

La palla passa ai motori di ricerca, che dovranno incorporare il sistema. E il passo in avanti, o indietro, rimbalza sull'aut aut a colossi come Google, Bing e Yahoo: o i filtri stilati dal Ceop saranno attivati entro ottobre, o il dibattito su cosa è lecito o cosa no nel traffico quotidiano della rete proseguirà sui banchi dei tribunali londinesi. «Se la Ceop vi fornisce la sua lista, vi impegnerete a non offrire alcuna risposta a queste ricerche? Se la risposta che ci date non dovesse piacerci, stiamo già verificando le azioni legali da intraprendere» ha dichiarato il leader Tory. Invitando le compagnie a schierare i loro «più grandi cervelli» per un'operazione che li riguarda prima di tutto come cittadini: «Non siete separati dalla nostra società. Siete parte della nostra società, e dovete svolgere responsabilmente il vostro ruolo».

Twitter, a quanto pare senza pressioni dal governo britannico, sta già introducendo una barriera digitale per le foto «a rischio». Si chiama PhotoDNA, ed è un sistema sviluppato da Microsoft per verificare e depurare dai contenuti pedo-pornografici i più di due miliardi di cinguettii digitati quotidianamente. E a proposito di pressioni, c'è chi ironizza sulla voce grossa del premier contro i "semplici" motori di ricerca. Quando la prevenzione degli abusi di minori, commentano i laburisti, sta soprattutto nei finanziamenti alle associazioni, tagliati dallo stesso Cameron: «La verità è che i fondi al Ceop sono stati diminuiti del 10% - sottolinea dall'opposizione Yvette Cooper -. Che, solo l'anno scorso, ha identificato 50mila casi di abusi veicolati dall'online».

La certezza è che Cameron si sta muvendo in un settore delicato, coperto dal 1959 dall'Obescene Publications Act, la legge che proibisce materiale con «tendenza a depravare e a corrompere». Il rischio è che il filtro anti-abusi resti sulla carta, nello scarto denunciato dai labour tra giri di vite virtuali e inefficenza nel quotidiano registrato dalle associazioni. Con o senza il passaggio nel «dark internet» della pedopornografia.

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