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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2013 alle ore 06:47.

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ROMA
Le primarie per l'elezione del prossimo segretario Pd saranno aperte a tutti i cittadini che si iscriveranno all'albo degli elettori democratici, come già avvenuto nel 2007 (Veltroni) e nel 2009 (Bersani). E questa è la prima buona notizia per Matteo Renzi. Il congresso si terrà in ogni caso entro il 2013, e quindi le primarie si faranno verosimilmente domenica 15 dicembre. E questa è la seconda buona notizia per il sindaco di Firenze: le assise democratiche non saranno dunque rimandate alla primavera del 2014, come pure alcuni (tra gli altri Beppe Fioroni e Dario Franceschini) avevano ipotizzato ufficialmente o ufficiosamente nei giorni scorsi con la motivazione che occorre mettere in sicurezza il più possibile il governo guidato da Enrico Letta. Ma nella relazione che il segretario Guglielmo Epifani sta preparando per la direzione di venerdì c'è anche qualche cattiva notizia per Renzi e i suoi. Epifani infatti farà una proposta sul congresso che inverte il percorso tradizionale: prima i congressi locali (cittadini, provinciali e anche regionali); solo dopo la presentazione delle candidature per la segreteria nazionale, i cui termini scadranno dunque a novembre e non a settembre. In questo modo i gruppi dirigenti locali saranno slegati dai candidati nazionali: per i renziani un modo per "blindare" i territori con le correnti esistenti a prescindere da chi guiderà il partito, che potrebbe dunque trovarsi una classe dirigente locale contro; per Largo del Nazareno un modo per rispondere positivamente a un pressing venuto proprio dai territori, e in particolare dai segretari regionali. Altra proposta che farà il segretario è quella di ridurre della metà il numero dei compomenti dell'assemblea del partito, ora circa mille. Infine, va da sé, la fine dell'automatismo della coincidenza tra le figure di segretario e candidato premier.
Rush finale sulle regole, insomma: la prossima settimana un ulteriore passaggio nella commissione per il congresso e poi il via libera da parte della direzione convocata per il 31 luglio e 1° agosto (sarà comunque l'assemblea nazionale, ai primi di settembre, a votare le modifiche allo statuto). Luci e ombre per Renzi, che porta a casa il principio delle primarie aperte e la fissazione della data entro dicembre ma non ottiene di mantenere i congressi locali legati alla competizione nazionale né la coincidenza di leardership e premiership. Luci che gli permetteranno di candidarsi e ombre che al contrario gli consentiranno di giustificare di non candidarsi: il sindaco di Firenze, nonostante il forte pressing dei suoi per "prendersi" il partito, è ancora in riflessione. Quanto alle voci che vorrebbero lo stesso Letta candidato alla segreteria – lo avrebbe proposto l'ex segretario Pier Luigi Bersani – è chiaramente una provocazione nei confronti di Renzi. «Se chi si candida alla segreteria puntando in realtà a Palazzo Chigi, allora il migliore candidato è il premier Letta», è il ragionamento dei bersaniani, che in realtà non hanno ancora trovato una candidatura sufficientemente forte per contrastare Renzi. I collaboratori del premier bollano da parte loro l'ipotesi come «fantapolitica». Piuttosto la presenza di Letta alla direzione di venerdì ha il significato di rimotivare tutti i democratici nel sostegno al governo. Un passaggio in tal senso ci sarà anche nella relazione di Epifani che alla fine sarà posta ai voti («non sono cambiate le ragioni che hanno portato alla nascita del governo delle larghe intese e tutti dobbiamo metterci la faccia, non ci sono portatori d'acqua e anime belle»). Chiosa un lettiano doc come Marco Meloni, della segreteria: «Il Pd non è parte del governo ma con Enrico ne è parte primaria – dice –. Bisogna ora decidere insieme come salvare l'Italia mettendoci dentro le nostre idee».
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