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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2013 alle ore 22:17.

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Letta al Pd: «No al voto, non ci sono alternative di governo»

Il premier Enrico Letta, dopo la graticola di questi giorni di luglio, prova l'attacco all'assemblea del gruppo Pd. «Non ci sono alternative politiche a questa maggioranza, neanche il voto con questa legge elettorale», tira dritto il premier che chiama il Pd ad essere protagonista dell'azione di governo perché è ora, davanti alle emergenze del paese, di smetterla di «fare i fighetti» perchè «l'applauso individuale non serve a nessuno». «Non ho tra le mie ambizioni guidare una transizione incolore - ha precisato Letta - ma una che lasci il segno».

In un Pd in ebollizione, dove fervono le trattative sulle regole per il congresso, e ancora provato dalla fiducia sul caso kazako, Letta mostra i muscoli e non cambia rotta: «Non è stare un mese di più a Palazzo Chigi che mi farà cambiare gli obiettivi: rilancio economico, riforma istituzionale e un'altra Europa». Trascurando la battaglia congressuale, «ne parleremo venerdì alla direzione», l'ex vicesegretario del Pd ricorda
come il Pd ha sfiorato l'implosione sulla vicenda dell'elezione del Capo dello Stato. «Occorre costruire il Pd», è l'impegno ma anche la premessa del premier per ricordare da dove è nato il governo delle larghe intese. Una maggioranza non scelta ma «i
90 giorni che abbiamo alle spalle dimostrano che oltre ogni responsabilità è possibile dare risposte e cambiare».

Certo la situazione economica è ancora «in montagna» ma bisogna «smettere di dire "vedremo e faremo" ma dobbiamo dire "abbiamo fatto". Il problema - avverte Letta - è che Pd e governo sono sulla stessa barca: il premier è intenzionato a "mettercela tutta ma "questo percorso non deve portare il nome di una persona, a partire da me». Un appello alla responsabilità collettiva rivolto al suo partito che però, come Rosy Bindi, si trova a disagio nella continua mediazione con il Pdl e chiede al premier «di non chiedere prove di sangue tutte le mattine». Sono due i temi su cui il presidente del consiglio chiede l'impegno di tutti per dare l'impronta del Pd a questa maggioranza: le riforme istituzionali e la prossima legge di stabilità che «sarà improntata agli investimenti e che potrà essere il contributo migliore per riscrivere il dna del Pd». Così sulle riforme istituzionali «non basta più giocare a far finta di nulla: un sistema che non decide è da riformare».

E ancora: «Abbiamo cambiato la storia culturale di questo paese» ha rivendicato Letta
all'assemblea del gruppo, con la scelta di avere il ministro Cecile Kyenge nel governo. All'ingresso del ministro nell'aula dell'assemblea è scattato l'applauso del gruppo. Per l'intanto i renziani, con Paolo Gentiloni, insistono sulla necessità di cambiare subito la legge elettorale ma preferiscono non andare all'attacco dell'azione del governo per evitare di esporre a nuove critiche il sindaco Matteo Renzi.

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