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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2013 alle ore 20:19.

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(Afp)(Afp)

"Visione". "Piano". "Cambiare la natura del dibattito". Con una tempistica e una location tutt'altro che casuali, il presidente americano Barack Obama riporta l'attenzione dell'opinione pubblica sull'economia, "su ciò che conta". Lo fa dando il via oggi a una serie di discorsi messi a punto come se si fosse in piena campagna elettorale. D'altra parte i leitmotiv sono proprio quelli che lo hanno premiato con la rielezione lo scorso novembre: l'ineguaglianza economica nella società americana e il ruolo centrale della classe media per fare ripartire con decisione il motore - già caldo - degli Stati Uniti. Il titolo dell'iniziativa parla chiaro, "Un affare migliore per la classe media", e mira ad attrarre imprenditori: "diciamo al mondo intero che l'America è aperta al business".

Il prossimo 15 settembre segnerà il quinto anniversario dallo scoppio della crisi finanziaria, simboleggiato dal collasso di Lehman Brothers. In autunno poi l'amministrazione scalda i muscoli per affrontare una serie di battaglie in tema di bilancio federale e tetto al debito pubblico. Tema quest'ultimo non da poco visto che nell'agosto del 2011 S&P tagliò per la prima volta in assoluto il rating di tripla A (il massimo) degli Stati Uniti proprio a causa dello scontro sul limite fissato dal Congresso alla quantità di nuovi titoli di stato che il Paese può emettere.

"Mentre Washington si prepara ad avviare un nuovi dibattito sul budget, i rischi per la classe media non potrebbero essere più alti", ha dichiarato Obama ironizzando sui cambiamenti degli ultimi otto anni: nel 2005, ha detto, "non avevo nessun capello grigio. O una scorta di auto. E neppure un gobbo elettronico". Così come il timing anche il luogo scelto per presentare l'agenda politica della Casa Bianca ha un valore volutamente simbolico: già nel 2005 Obama aveva preso la parola - per 24 minuti - al Knox College, a Galesburg, in Illinois. Allora era un senatore. Oggi da inquilino al civico 1600 di Pennsylvania Avenue, Washington DC, Obama guarda al passato puntando verso un futuro più prospero.

Il contesto è però cambiato: otto anni fa il tasso di disoccupazione nazionale era al 5% con 7,5 milioni di persone senza un lavoro. Dopo la peggiore crisi dalla Grande Depressione e una ripresa tiepida, quel tasso è ora al 7,6% e i disoccupati pari a 12 milioni. Persino Galesburg funge da esempio degli sviluppi - e fatiche - economiche del Paese. Nel 2004 un impianto di Maytag - azienda specializzata in elettrodomestici ora parte di Whirpool - chiuse i battenti lasciando senza un'occupazione centinaia di individui. Quell'impianto è ancora chiuso e il tasso di disoccupazione locale è sotto l'8%. Circa il 23% della popolazione del paese vive in povertà, il 10% in più della media statale.

Ricordando i divari esistenti negli States, Obama torna a parlare di quella sottile fascia della popolazione americana più abbiente: "Anche se le nostre aziende hanno ripreso a creare posti di lavoro segnando profitti record, tutti i guadagni messi a segno negli ultimi 10 anni hanno continuato a confluire all'1% [della società]. In media un amministratore delegato si è preso un aumento [dei suoi introiti] del 40% dal 2009 ma gli americani guadagnano meno di quanto non facessero nel 1999. E le società continuano a frenare le assunzioni di chi è senza lavoro da un po'".La strategia del presidente, almeno a parole, è chiara: "Ciò di cui abbiamo bisogno non è un piano da tre mesi e nemmeno di tre anni ma una strategia di lungo termine basata su uno sforzo duraturo e costante per invertire le forze che hanno remato contro la classe media per decenni". Certo, ha chiarito il presidente, si continuerà a lavorare per ridurre la violenza da armi da fuoco, riequilibrare la lotta contro al Qaeda, combattere il cambiamento climatico e difendere i diritti civili e quelli delle donne", ma senza una classe media in crescita l'America non può correre.

C'è un altro elemento di diversità rispetto all'appuntamento del 2005 (così simbolico che la Casa Bianca ha messo sul suo sito il discorso di allora del presidente): la responsabilità di Obama rispetto alla congiuntura economica. La salute finanziaria del Paese sarà infatti la sua eredità. Su quell'eredità è già scontro. Secondo i Repubblicani il presidente dovrebbe parlare di meno sull'economia e implementare più politiche. Ma a dire il vero c'è raramente un accordo tra Democratici e Repubblicani su cosa mettere in pratica. D'altra parte è dal 2010, quando hanno conquistato il controllo della Camera, che i Repubblicani fanno resistenza al Congresso. Per questo Obama si è detto nuovamente disponibile a lavorare su un terreno comune. Obama cerca un'intesa. Cerca il sostegno di chi - tra le fila dell'opposizione - la pensano quasi come lui.
Intanto, un editoriale del Washingotn Post stronca l'iniziativa odierna della Casa Bianca. "Persino uno Steve Jobs reincarnato farebbe fatica a promuovere questo tacchino", recita l'opinionista Dana Milbank. Come a dire, nemmeno il deus ex machina di Apple - se resuscitasse - non riuscirebbe a far suonare come qualcosa di nuovo quanto è stato detto e ridetto. Come può Obama fare notizia e svelare la sua agenda ri-lanciando lo stesso messaggio di cui si fece portatore nel 2005?

Nemmeno i sondaggi sembrano destinati a cambiare dopo il discorso di oggi e quelli già in calendario. L'ultimo disponibile firmato Washingto Post-ABC News vede il 45% degli americani approvare il modo in cui Obama ha gestito le questioni economiche contro il 49% di chi si dice insoddisfatto. Un anno fa il sostegno al presidente era al 44% proprio come nell'ottobre del 2010, prima che i Repubblicani conquistassero la Camera. E ancora, nel dicembre 2009 la cifra era al 46%. Insomma, i numeri non si spostano e se lo fanno tornano rapidamente a livelli precedenti. Poco conta dunque quanto ben fatti siano i discorsi dell'inquilino della Casa Bianca. Gli elettori si sono fatti ormai una loro idea su di lui. Ma gli investitori, quelli sì, possono cambiare il loro umore a colpi di dowgrade, dati economici o tagli delle stime di crescita (come quelle recenti del Fondo monetario internazionale). E' lì la vera prova degli Stati Uniti. E di Obama.

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