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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2013 alle ore 08:20.

CATANZARO
Medici, periti, avvocati e truffe assicurative, avvocati e voti ai politici, avvocati e aspirazioni politiche: comunque la si giri, l'operazione Perseo condotta dal pm della Dda di Catanzaro Elio Romano che ieri a Lamezia Terme ha portato all'arresto di 65 persone tra professionisti, politici e imprenditori, vede i professionisti come anello vitale di una presunta catena mafiosa non certo inscalfibile ma comunque solida.
L'accusa della Procura è condivisa anche dal questore di Catanzaro Guido Marino, secondo il quale nel sistema «hanno trovato posto non soltanto gli affiliati conclamati alle cosche, ma anche professionisti insospettabili. Si trattava di un sistema mafioso che non soltanto ha insanguinato Lamezia Terme a suon di omicidi, ma ha anche dissanguato una parte della già fragile economia lametina».
L'operazione, che ha visto impiegati oltre 400 tra poliziotti e finanzieri e che ha portato anche al sequestro di 1,2 milioni nei confronti di cinque imprenditori, per inquirenti e investigatori è un concentrato di prevaricazioni, promesse e potere sotto lo stesso tetto, quello della politica in "affari" con criminalità e professionisti.
Prevaricazione – ad esempio – sarebbe quella di uno degli arrestati, Gianpaolo Bevilacqua, ex capogruppo del Pdl nella Provincia di Catanzaro (attualmente commissariata), vicepresidente dalla Sacal (la società che gestisce l'aeroporto di Lamezia), indagato per concorso esterno in associazione mafiosa ed estorsione. A quest'ultimo proposito, c'è la contestazione di episodi paradossali come quello di aver costretto un commerciante a cedere a 250 euro (anziché 450 + Iva) tute da ginnastica, maglie e calze destinate ad alcuni detenuti.
Promesse di appalti e forniture sarebbero quelle del senatore del Pdl Piero Aiello, indagato per voto di scambio in occasione delle elezioni regionali del 2010, per il quale la Procura aveva chiesto l'arresto che il Gip Abigail Mellace ha negato. La Dda di Catanzaro ha già annunciato la presentazione del ricorso al Tribunale del riesame.
Potere è quello della cosca lametina Giampà, che grazie ad una rete di medici, avvocati, artigiani, periti e assicuratori, si era specializzata in truffe assicurative milionarie che, al contempo, servivano ad alimentare il traffico di armi e droga e mantenere gli affiliati. Un ruolo di primo piano in queste truffe era quello degli avvocati, uno dei quali aveva aspirazioni politiche locali, miseramente tramontate.
Potere è soprattutto quello che la stessa cosca può vantare in prospettiva, descritto dallo stesso Pasquale Giampà, boss pentito. Per lui la famiglia Giampà può confrontarsi con rispetto crescente con le grandi dinastie criminali della Provincia di Reggio Calabria e Crotone.
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