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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2013 alle ore 11:41.

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I porti turistici italiani cercano in tutti i modi di ritornare competitivi nei confronti dei vicini porti della Croazia e della Costa Azzurra, che sono stati per chi ha una barca che gravita in Adriatico, i luoghi preferiti per l'esodo delle barche italiane in cerca di pace. Pace non è una parola scritta a caso, perché quella ingaggiata da diverse forze di polizia che operano in mare contro la imbarcazioni da diporto ha assunto i contorni di una vera battaglia. Non sono rari i racconti di skipper fermati più volte nello stesso giorno, fenomeno mitigato dalla adozione di un "bollino blu" che una volta esposto dovrebbe indicare lo stato di "barca già controllata". I provvedimenti più recenti, con tassa di possesso più morbida e questo bollino hanno reso meno pesante l'atmosfera ma ancora non hanno ricostruito la fiducia che è necessaria al vero rientro della nostra flotta da diporto negli home port tradizionali, oltre che per attrarre turismo nautico straniero, evaporato sotto il sole d'estate.

La fotografia di quanto successo in questi ultimi mesi somiglia molto a quello che accadde all'applicazione del primo redditometro negli anni ottanta, allora il solo fatto di essere a bordo di una barca era considerato dimostrazione di "possesso". Fu clamoroso il caso di un istruttore della scuola vela di Caprera, istituzione ben nota a tutti, nata per la diffusione della vela con la collaborazione di Touring Club e Lega Navale e quindi con l'appoggio della Marina, che in qualità di comandante istruttore della barca che veniva utilizzata per la scuola vela fu indagato per evasione: aveva un reddito troppo basso per quello "yacht" di cui era il presunto reale proprietario. Allora come adesso si era creato un clima di totale sfiducia nei confronti della forza pubblica e dei suoi metodi per arrivare a scoprire le evasioni. L'opinione pubblica del resto è stata ampiamente convinta che il possesso di una barca sia anche sinonimo di evasione.

La realtà dei numeri tuttavia è un po' diversa. Senza scendere troppo nel dettaglio delle statistiche, in Italia si contano 110 mila barche immatricolate, di cui almeno il 70% non hanno un valore superiore ai 100 mila euro, si tratta in gran parte di un parco barche vecchio il cui valore è precipitato con la crisi. Le stime dei costi di gestione possono anche essere esorbitanti per barche nuove, ma esiste uno zoccolo duro di appassionati che condividono e lavorano di persona sulla propria barca, spendendo poco. Si stima che non più 10 mila imbarcazioni abbiano un valore superiore al milione di euro. Le navi da diporto, quelle più lunghe di 24 metri con bandiera italiana sono un centinaio, quelle che si possono ricondurre ad armatori italiani con bandiere non nazionali, che può significare comunitarie o no, non superano le 400.

Sono numeri piuttosto piccoli, e chi ha davvero qualcosa da nascondere si guarda bene, e non da ieri, dal frequentare le banchine italiane, mentre le decine di controlli che hanno portato all'esodo delle barche all'estero hanno avuto esito positivo in un modesto numero di casi. Il risultato più concreto della caccia al ladro che non si ferma da almeno due anni è stata la perdita di alcune migliaia di posti di lavoro con un costo sociale ben maggiore degli incassi dell' erario per la scoperta di evasori. Purtroppo non vale affermare "chi non ha nulla da temere può navigare sereno": anche il più ligio al dovere e trasparente prima o poi decide che non può sopportare un controllo ogni volta che esce in mare, atteso dalle vedette all'imboccatura del porto nelle poche giornate che dovrebbe passare sereno con i figli e la famiglia e gli amici di cui spesso deve consegnare la lista. E' un po' come essere fermati con l'auto appena fuori dal box, ogni giorno. Quel che è peggio è che l'Italia non è più considerato un paese ospitale neanche dal turismo straniero. Dunque il problema vero, se si vuole finalmente ripartire con il turismo nautico, è quello di ricreare un clima di fiducia e serenità.

Le tariffe contano, e la crisi ha in alcuni casi limato certi eccessi resi possibili dal boom, ma alleggerire il prelievo al portafoglio non basta ancora a riportare in patria chi ha scelto altri mari per le vacanze, anche perché spesso sul piano della natura e del piacere Croazia, Grecia e anche Turchia offrono molto. In alcuni casi sono la vera meta delle vacanze di chi tiene la barca in Adriatico, che lasciando la barca sul posto accorcia le distanze di trasferimento. Ci vuole una volontà e un progetto più completo, soprattutto la percezione di un deciso cambio di "immagine" nei confronti di chi possiede la barca. Finora sono stati applicati pochi interventi, tutto sommato contentini all'industria e al mondo che ha reclamato la sua giusta natura di bandiera del made in Italy e di serbatoio di occupazione. Questi provvedimenti dovrebbero essere strutturali, partire da riconoscere che i porti turistici sono davvero infrastrutture per le attività turistiche, e che, per dire una cosa concreta, rispondono per intero ai regimi fiscali del turismo.

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