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Questo articolo è stato pubblicato il 31 luglio 2013 alle ore 06:36.

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L'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne. (Ansa)L'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne. (Ansa)

A pochi giorni dall'incontro tra Fiat e Fiom – che si terrà dopodomani a Roma – Sergio Marchionne rilancia il nodo delle relazioni industriali come ostacolo agli investimenti nel nostro Paese: «Le condizioni industriali in Italia rimangono impossibili» e «abbiamo le alternative per produrre altrove nel mondo» ha detto l'amministratore delegato della Fiat durante la conferenza telefonica con gli analisti in occasione della presentazione dei risultati finanziari del 2° trimestre 2013.
Parlando della recente sentenza della Corte costituzionale, e del vuoto normativo che ha evidenziato, Marchionne ha detto che Fiat «sta ancora cercando di capire le implicazioni dell'ultima sentenza per le attività in Italia».

«Abbiamo chiesto con urgenza al Governo italiano di varare delle misure che rimedino a questo vuoto – ha proseguito – ma per ora non vediamo niente». Il manager italo-canadese ha sottolineato la necessità di uno sforzo normativo che tolga ogni ombra di incertezza al quadro giuridico relativo alla rappresentanza. Fiat «resta aperta a cercare soluzioni che possano garantire l'operatività delle attività in questione. Non abbiamo pregiudizi ma siamo fortemente determinati a trovare una soluzione duratura nel tempo».
La strategia di produrre in Italia per l'esportazione rimane valida, anzi lo è ancora di più alla luce dei dati forniti oggi. Da un lato, Marchionne non si aspetta cambiamenti nelle condizioni depresse del mercato europeo «fino al 2015» e prevede un mercato italiano dell'auto a 1,3 milioni dagli 1,4 del 2012.

Dall'altro, le fabbriche Chrysler viaggiano oltre il 100% della capacità e proprio i colli di bottiglia delle produzione hanno indotto l'azienda americana a ritoccare al ribasso gli obiettivi finanziari per il 2013. Per questo avrebbe senso replicare l'operazione Melfi, dove verranno prodotte sulla stessa linea una Fiat e una Jeep.
Poiché però «l'attività in Italia non è in grado di finanziarsi da sola – ha ricordato ieri Marchionne –, se dobbiamo investire qui soldi guadagnati altrove dobbiamo essere sicuri di riuscire a governare le fabbriche. Se invece le condizioni in Italia restano come quelle attuali è impossibile gestire bene le relazioni industriali e quindi anche il nostro impegno sugli investimenti può essere rivisto». C'è un tempo limite per prendere questa decisione? «C'è, ma non è argomento da discutere con gli analisti finanziari» è stata la risposta di Marchionne, che ha concluso evocando lo scenario peggiore: a un analista che gli chiedeva se Fiat potesse tagliare l'organico in Italia, così come stanno facendo le rivali francesi in patria, ha risposto che «l'opzione dei tagli è sempre disponibile».

Venerdì il nodo del governo delle fabbriche e della rappresentanza sarà sul tavolo dell'incontro fra l'azienda e la Fiom. La riunione avverà nel pomeriggio a Roma, dopo che Fiat avrà visto in mattinata le sigle sindacali rappresentate in azienda e firmatarie del contratto Fiat; non è detto che la delegazione Fiat sia guidata dallo stesso Marchionne.
L'incontro con i sindacati dovrebbe essere seguito, la settimana successiva, da uno con il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, il quale conta di incontrare Marchionne «prima della pausa estiva», cioè «prima del 10 agosto». Lo ha detto lo stesso ministro a margine di un'audizione al Senato, aggiungendo che nell'incontro «l'obiettivo è di ragionare sulle questioni del piano industriale e del rilancio della produzione».

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