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Questo articolo è stato pubblicato il 31 luglio 2013 alle ore 06:42.

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ROMA
Fa più benchmark la sanità lombarda di Roberto Maroni o quella veneta di Luca Zaia? È una disfida tutta in casa leghista quella che si consumerà domani tra i governatori per l'assegnazione del terzo posto di "Regione regina" della sanità per la spartizione della mega torta da 108 miliardi per il 2013 che per la prima volta avverrà nel segno dei mitici costi standard. Un primo passo di quel federalismo a trazione leghista che, ironia della sorte, vede però ai primi tre posti, tra le cinque selezionate dal Governo, altrettante regioni in mano al centrosinistra: prima tra tutte l'Umbria, seconda l'Emilia Romagna, terze le Marche. Vantano il miglior palmares per i conti e i risultati del 2011, seguite appunto nell'ordine dalla Lombardia e dal Veneto.
E tra le cinque migliori d'Italia – che ha visto escluso del tutto il Sud, perfino della piccola Basilicata che invece in un primo tempo sembrava essere piazzata al top del ranking – domani i governatori dovrebbero scegliere le tre regioni benchmark. Che secondo le previsioni dovrebbero essere l'Umbria (prima in classifica, regione del Centro Italia e tra l'altro di piccole dimensioni) – col risultato di escludere le piccole (e del Centro) Marche – quindi l'Emilia Romagna (del Nord e di grandi dimensioni). Restano appunto Lombardia e Veneto, ultime delle cinque ed entrambe in mano ai lumbard. Che finiscano entrambe nella rosa a tre petali, è da escludere. Sia per il piazzamento che hanno accumulato, sia perché cedere prestigio (non corroborato neppure dai risultati) a due regioni governate dalla Lega, sarebbe un'operazione politica che difficilmente il centrosinistra, che è maggioranza tra i governatori, lascerebbe passare.
E così domani a Roma si annuncia battaglia. Fratricida, per i leghisti. Perché sia Lombardia che Veneto ci tengono ad essere anche solo formalmente nel gruppo delle migliori per la sanità pubblica. Due modelli molto diversi: l'uno (il Veneto) a carattere molto sociale e con poco privato; l'altro (la Lombardia) dove non senza dolori la parità pubblico-privato è stato il motore di questi anni. Ma essere regione benchmark a questo punto è questione di prestigio anche da vantare a casa propria, se pure i boatos dicono che Maroni potrebbe non voler difendere risultati che non sono neppure suoi, ma del suo (poco amato) predecessore Formigoni (che ricambia cordialmente). Mentre Zaia, che col Veneto "dirige" gli assessori alla sanità di tutta Italia, ci tiene eccome a figurare tra le «top tre», non ultimo perché dalle sue parti si voterà prima che in Lombardia. Per non dire delle disfide lombardo-venete che agitano il Carroccio.
Domani si deciderà. Anche se un rinvio è da mettere tra i possibili risultati. Tra l'altro il benchmark e i costi standard saranno al momento all'acqua di rose. Lo spostamento di cifre dovrebbe risolversi in un pugno di decine di milioni. Costi standard e benchmark in salsa italica, par di capire.
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