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Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2013 alle ore 15:42.
Due pesi e due misure. I trattamenti delle donne sono più leggeri rispetto a quelli degli uomini. Nel 2011, rileva l'Istat nell'indagine su «Trattamenti pensionistici e beneficiari: un'analisi di genere», il "gentil sesso", pur rappresentando il 52,9% dei pensionati (8,8 milioni su 16,7 milioni) e più della metà delle pensioni, percepisce solo il 43,9% dei 266 miliardi di euro erogati (il 56,1% è, infatti, destinato agli uomini). Tanto per rendere l'idea, le pensioni medie delle donne sono inferiori del 65,6% rispetto a quelle degli uomini. Oltre la metà (53,4%) delle donne percepisce meno di mille euro, contro un terzo (33,6%) degli uomini. L'importo medio annuo nel 2011 è stato di 8.732 euro contro i 14.460 euro dei "colleghi" maschi.
Quasi 900mila pensionati con oltre 3mila euro al mese
Ma, sorpresa, l'incubo dei "due pesi e della due misure" si replica - più in generale - nella distribuzione dei redditi pensionistici: se è vero - dati del Rapporto annuale 2012 dell'Inps - che dei circa 15,9 milioni pensionati Inps, il 73% percepisce una sola pensione per un valore medio mensile di 1.196 euro (media tra 876 euro per le donne e 1.486 euro per gli uomini) - e che il restante 27% cumula due o più pensioni con un reddito medio di 1.468 euro al mese - è altrettanto vero che un esercito di quasi 900mila pensionati italiani percepisce un assegno superiore ai 3mila euro al mese. A fornire ulteriori dettagli, in questo senso, è un parametro che viene utilizzato in questo tipo di indagini, il decile.
La prova del decile
L'anno - nel report Istat il 2011 - viene suddiviso in dieci decili. Il primo decile rappresenta il valore del reddito pensionistico medio annuo al di sotto del quale ricade il 10% più povero dell'universo dei pensionati; il nono decile segna il valore del reddito medio annuo al di sopra del quale si colloca il 10% più ricco. Ebbene? I valori più bassi del primo decile, sottolinea l'Istat, si osservano per le prestazioni di natura indennitaria (2.404 euro per gli uomini e 3.275 euro per le donne), mentre i valori più elevati corrispondono alle pensioni di tipo Ivs, invalidità vecchiaia, superstiti (7.193 per gli uomini e 6.089 per le donne), che presentano i valori maggiori anche nell'ultimo decile (35.066 per gli uomini e 25.568 per le donne).
Per le pensioni femminili gli importi più bassi
Il Rapporto dell'Inps suggerisce poi altre chiavi di lettura sulle differenze di genere che contraddistinguono la previdenza: le pensioni di anzianità sono per l'81% maschili con un importo medio di 1.610 euro mensili, mentre le donne ricevono il 63% delle pensioni di vecchiaia da, in media, 578 euro e l'88% di pensioni ai superstiti (589 euro mensili). L'ente previdenziale registra anche una notevole concentrazione di pensioni femminili nelle classi di importo più basso: 57% fino a 500 euro mensili (contro il 33% dei maschi) e 33% nella classe da 500 a meno di 1.000 euro, a fronte del 23% di pensioni maschili. Il rapporto tra donne e uomini non cambia se si guarda ai dipendenti pubblici: gli importi medi delle pensioni dirette variano da 1.611 euro mensili per le donne a 2.212 euro per gli uomini. E i trattamenti al di sopra dei 3mila euro medi mensili sono per la stragrande maggioranza destinati agli uomini. Un indizio non fa una prova. Due però fanno pensare.
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