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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2013 alle ore 10:47.

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Chi sono i cinque camorristi nel mirino dell'intelligence Usa

Fanno paura pure agli Usa di Barack Obama "quei bravi ragazzi" del parallelo 41. Sono cinque camorristi di Secondigliano, tutti giovanissimi: Marco Di Lauro (32 anni), Mariano Riccio (22), Antonio Mennetta (27), Mariano Abete (22) e Rosario Guarino (30). Tranne i primi due, tutti gli altri sono in galera, eppure il Dipartimento del Tesoro Usa li teme perché sono a capo di un impero criminale che rischia di inquinare l'economia americana come la British Petroleum ha insozzato le acque del Golfo del Messico. Il Ministero federale si è messo in testa di adoperare il massimo dell'"impegno" per "distruggere" questi "pericolosi gruppi" mafiosi e così "proteggere il sistema finanziario degli Stati Uniti dalle loro attività illecite". Ovvero, annotano gli 007: "estorsione, contrabbando, riciclaggio, rapine, rapimenti, corruzione politica e contraffazione".

Il sottosegretario all'Antiterrorismo e all'intelligence finanziaria David S. Cohen ha diramato una nota indirizzata a tutti gli uffici della mastodontica macchina burocratica yankee: massima attenzione a rapporti d'affari e contrattazioni con società e personaggi riconducibili ai cinque fuorilegge. Con l'Ordine Esecutivo nr. 13581 (riguardante il "sequestro delle proprietà delle organizzazioni criminali internazionali") firmato dal presidente Obama, un analogo allarme era stato già lanciato l'anno scorso, sempre di questi periodi, nei confronti dei manager del malaffare legati al clan dei Casalesi di Michele Zagaria e Antonio Iovine, i capi dell'ala imprenditoriale della holding mafiosa della provincia di Caserta entrambi oggi in carcere. Ma è con la disposizione del U.S. Department of the Treasury di fine luglio che, per la prima volta, si individuano direttamente giovanissimi soggetti di massima pericolosità assai più interessati ai soldi che al sangue. D'altronde, non si può dire che manchino gli indizi a loro carico. Marco Di Lauro è il rampollo del boss Paolo Di Lauro, uno che di soprannome fa Ciruzzo 'o milionario (little Ciro the millionaire nello slang Usa) e guadagnava 500mila euro al giorno con la droga venduta nella periferia nord del capoluogo. È latitante dal 2004.

È letteralmente sparito dai radar delle forze dell'ordine. Non usa il cellulare e ha imparato dagli arresti del genitore e dei fratelli a vivere come un monaco nella giunga di cemento tra Secondigliano e Scampia. Antonio Mennetta, per dirne un'altra invece, in una conversazione con la mamma che era andato a trovarlo in galera per consigliargli di smettere i panni del gangster e di accontentarsi della paga sindacale della cosca, aveva ringhiato, sotto intercettazione, che voleva "diventare l'imperatore di Scampia".
La direttiva del Ministero Usa si basa su alcune informative che gli 007 avrebbero raccolto negli ultimi mesi in Italia a proposito di movimentazioni di capitali sporchi verso le sponde dell'Atlantico, veri e propri piani di infiltrazione criminale nella Grande Mela. Come quello che racconta, in un verbale reso ai pm Antimafia di Napoli, il pentito del rione Sanità Giuseppe Misso jr a proposito di un accordo che suo zio, Giuseppe Misso senior, oggi pentito ma un tempo temuto padrino del centro storico di Napoli, avrebbe stretto proprio con Ciruzzo 'o milionario. Una joint venture economico-commerciale che avrebbe permesso al primo di fare soldi a palate "sia con il business dei trapani (elettrodomestici contraffatti venduti negli Usa sia dai Misso che dai Di Lauro, ndr) che con l'apertura di una serie di negozi di pellami nella città di New York, in particolare nel quartiere di Brooklyn, tutte attività direttamente riferibili al nostro clan".

Nel 2004, la Procura antimafia di Napoli mise in galera una cinquantina di magliari, zingari del commercio che vagano da continente a continente per vendere la merce falsa prodotta dalla camorra, individuando in New York una delle basi principali dell'organizzazione. Scoprirono, i pm, che i coloni della camorra di stanza ad Ellis Island addirittura avevano a libro paga un poliziotto corrotto in servizio alla dogana dello Stato di New York. I Di Lauro, si legge ancora nelle informative di quella maxi-inchiesta condotta dal pm Filippo Beatrice, acquistavano a cinque euro in Cina le macchine fotografiche Canon-matic spacciandole, negli Usa, come prodotti originali della famosa società giapponese di high-tech.

Prove sufficienti, per il Governo Usa, per dare la caccia al tesoro dei cinque "bravi ragazzi" e ai loro emissari in doppiopetto che giocano al Monopoli di don Vito Corleone.

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