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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2013 alle ore 06:40.

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ROMA
Via al decreto del fare senza chiedere la fiducia. Una vera e propria doccia scozzese per i senatori, specie per quelli delle Commissioni Affari costituzionali e Bilancio già duramente provati dalla maratona notturna del giorno prima. A raffreddare gli animi di chi sperava di liquidare rapidamente il Dl per restituirlo alla Camera è stato il ministro per i rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, confermando ieri mattina ai capigruppo del Senato che il Governo non era intenzionato a "blindare" il Dl. Conseguenza: l'assemblea di Palazzo Madama, pur avendo ridotto drasticamente da 700 a circa 200 le proposte di modifica da discutere in aula, ha proseguito per tutto il pomeriggio a discutere e votare ordini del giorno ed emendamenti su ogni singolo articolo. Un lavoro andato avanti a oltranza fino a tarda sera. Così da fare slittare a stamattina il via libera al provvedimento, che dovrà tornare a Montecitorio per il terzo e definitivo ok parlamentare.
A chiudere i lavori dell'aula, come già accaduto in commissione, è stato il tetto ai compensi dei manager. Una norma fortemente sostenuta dal Governo, a partire dal sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, che dopo aver difeso contro la sua stessa maggioranza per tutta la notte di lunedì la proposta di modifica presentata alle commissioni, ha sottolineato che è quanto mai necessario «che l'azionista si faccia garante dell'applicazione delle norme e che si definiscano al più presto ulteriori criteri obiettivi e trasparenti». La soluzione finale adottata dalle due commissioni e approdata in Aula si è tradotta in primis nella cancellazione della norma licenziata da Montecitorio e poi nell'introduzione di un taglio del 25% al compenso complessivo «a qualsiasi titolo determinato» per tutti i manager pubblici che non rientrano nel tetto dei 302mila euro (trattamento economico del primo presidente della Cassazione) previsto dal salva-Italia.
Tra le ultime novità introdotte dalla commissione c'è anche il cosiddetto "pacchetto Expo 2015" a partire dalla soppressione della deroga al patto di stabilità interno delle spese connesse alla realizzazione dell'evento denominato "City Operations". Allo stesso tempo però ai contratti di lavoro agli incarichi affidati dagli enti locali interessati dall'evento e dalle loro società in house non si applicheranno in vincoli in materia di assunzioni. Sia per i cantieri che per i servizi. Senza dimenticare che l'Iva dovuta sulle prestazioni di servizi, comprese quelle di manodopera, rese nel settore edile da soggetti appaltatori nei confronti della società Expo Milano 2015, si applica secondo il meccanismo dell'inversione contabile (reverse charge), mentre per i biglietti di ingresso alla manifestazione scatterà l'aliquota agevolata del 10 per cento.

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