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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2013 alle ore 16:06.

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Fukushima, dalla centrale finiscono in mare 300 tonnellate al giorno di acqua contaminata

TOKYO - Trecento tonnellate di acqua radioattiva finiscono ogni giorno nell'Oceano Pacifico, nel tratto davanti alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Nel giorno in cui è arrivata questa sconcertante ammissione, finalmente il problema diventa una emergenza nazionale tale da non poter più essere lasciato esclusivamente nelle mani maldestre della Tepco (la società di gestione dell'impianto), ma da chiamare in causa la diretta responsabilità governativa, con relativa necessità di stanziamenti pubblici appositi: il premier Shinzo Abe ha ordinato al Ministero dell'Economia, Commercio e Industria (Meti) di assumere un ruolo più attivo per cercare di risolvere il "problema urgente" che - pur se fino a poco tempo fa negato - va avanti da quasi due anni e mezzo. Secondo le indiscrezioni, il ministero sta chiedendo fondi specifici (proprio domani il Ministero delle Finanze fisserà i tetti di spesa ai singoli dicasteri per il prossimo esercizio fiscale).

Secondo quanto anticipato dal quotidiano Nikkei, costerà circa 40 miliardi di yen (circa 410 milioni di dollari) la realizzazione di un progetto di isolamento del suolo per impedire che l'acqua entri negli edifici dei reattori danneggiati e poi fuoriesca contaminata. Un'opera complessa, ma necessaria ora che i funzionari del Meti (il ministero che controlla le compagnie elettriche, come la Tepco) hanno formulato la cifra di "circa 300 tonnellate al giorno" per i volumi di acqua contaminata che finisce in mare ogni giorno. Non è chiaro, al momento, da quanto questo flusso sia diventato costante a questi alti livelli, né quali siano le conseguenze concrete. Una delegazione di allarmati amministratori pubblici della zona si era recata già ieri alla centrale per protestare e chiedere alla Tepco di limitare un impatto sul mare che rischia di pesare ancora per anni sull'economia locale.

Il ritardo del governo Abe nell'affrontare direttamente la questione è tanto più sconcertante in quanto - al di là di ogni altra considerazione - uno dei vari pilastri dell'Abenomics è la promozione del raddoppio dell'export di prodotti agricoli e ittici entro sette anni: obiettivo che certamente sarà impossibilità da raggiungere se il permanere o l'aggravarsi del caso Fukushima dovesse compromettere - come in parte ha già fatto, con una attenuazione solo recente - la reputazione di qualità e affidabilità del prodotto alimentare Made in Japan.

Da varie settimane erano giunte a Tokyo sollecitazioni dall'estero ad agire con più decisione e commissariare di fatto una Tepco che si è rivelata non solo reticente a riconoscere la gravità del problema, ma scarsamente efficace nel gestirlo. L'ammontare di acqua contaminata alla centrale cresce di 400 tonnellate al giorno: finora il piano fondamentale della Tepco è quello di costruire una vasta serie di vasche contenitrici, ma resta sostanzialmente irrisolto il problema delle costanti infiltrazioni e fuoriuscite dal terreno sottostante o limitrofo. Il portavoce del governo, Yoshihide Suga, ha dichiarato che non ci sono precedenti al mondo per il progetto di costruire una sorta di "muro di profondità" su scala tanto vasta per schermare l'acqua e impedirne la contaminazione e il successivo riversamento nell'oceano: quindi saranno necessari altri soldi dei cittadini, al di là di quelli ingenti già stanziati dal governo per assumere la maggioranza della Tepco (ed evitarne il fallimento) e contribuire ai risarcimenti.

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