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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2013 alle ore 06:43.

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Finisce oggi il Ramadan: per un miliardo e 300 milioni di musulmani è il mese del digiuno, della purificazione e dell'elemosina. Ma nei titoli dei media l'Islam è rappresentato dall'allarme terrorismo per al-Qaeda che 12 anni dopo l'11 settembre 2001 non solo appare come il nemico più insidioso dell'Occidente ma anche degli stessi musulmani, che sono l'85% delle vittime dell'organizzazione fondata da Osama bin Laden e oggi diretta dall'egiziano Ayman al Zawahiri.
Ma se al-Qaeda esiste ancora, recluta adepti e si diffonde con le sue filiali in una vasta aerea che va dal Mediterraneo all'Asia Centale, passando per l'Africa e la penisola arabica, è perché la vicenda del terrorismo islamico è molto più complessa di un'operazione di intelligence, dei raid dei droni in Yemen e persino di guerre devastanti come quelle in Iraq e Afghanistan.
Siamo di fronte a due conflitti: uno contro l'Occidente, l'altro interno al mondo musulmano. Il bilancio delle guerre anti-terrorismo è sconcertante: dall'Afghanistan, dove ci ritirereno l'anno prossimo, al-Qaeda si è spostata nel resto del Medio Oriente e del Nordafrica. La stessa uccisione di Bin Laden in Pakistan è stato un episodio spettacolare ma non determinante, se non ininfluente. Così come conquistare Kabul è stato quasi inutile se poi la lasceremo ai Talebani.
L'Iraq è un caso ancora peggiore. La guerra contro Saddam Hussein, del tutto ingiustificata, ha attirato in Mesopotamia al qaeda e tutti i gruppi jihadisti che non c'erano mai stati: non soltanto sono rimasti, alimentando lo scontro tra sciiti e sunniti, ma adesso si sono estesi alla Siria. Ed è qui che secondo la Cia si gioca la partita del momento, smentendo la politica della Casa Bianca e del Dipartimento di stato che ha lasciato mano libera agli alleati arabi e turchi per sostenere un'opposizione armata totalmente fuori controllo.
«La guerra civile in Siria costituisce la principale minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti», dichiara il numero due della Cia, Michael Morell al Wall Street Journal. «Il rischio è che il conflitto si estenda oltre le sue frontiere, che il regime del presidente Bashar Assad crolli e la Siria diventi un nuovo santuario di al-Qaeda». Morrell si permette di dire queste cose perché è alla vigilia della pensione.
Al-Qaeda è ancora viva e minacciosa per i clamorosi errori stategici di Washington. Gravi amnesie avvolgono la questione del terrorismo islamico: il 7 agosto 1998, tre anni prima delle Due Torri, Bin Laden fece saltare le ambasciate americane di Nairobi e Dar es Salaam. Ma anche allora i dirigenti americani e buona parte dell'Occidente continuarono a guardare da un'altra parte, così come fanno oggi con la Siria. Per non parlare del disastro in Libia: le ambasciate occidentali a Tripoli, tranne quella italiana, sono di fatto chiuse da un pezzo e non hanno aspettato certo l'ultimo allarme anti-terrorismo.
Ma è il conflitto interno all'Islam la sfida più bruciante. Da alcuni decenni, ancora prima del fallimento degli stati laici e delle dittature secolariste, è in corso una battaglia politica, culturale, economica, una resa dei conti antropologica che sta lacerando il mondo musulmano.
Il terreno di scontro è l'interpretazione del Corano: nel libro dettato a Maometto dall'Arcangelo Gabriele ci sono versetti che predicano l'amore assoluto, altri una violenza inaccettabile per gli standard contemporanei dei diritti umani. Per i sunniti la loro è la versione autentica dell'Islam, contrastata da quella dagli sciiti; i salafiti radicali, che vorrebbero tornare alla religione del settimo secolo, sono per i moderati i veri miscredenti, i jihadisti ritengono che la loro sia la battaglia giusta, non quella di al-Qaeda. Per questo le società musulmane oggi si spaccano, le piazze si contrappongono, al punto da mettere in discussione l'esistenza stessa degli stati post-coloniali.
È sulle macerie degli stati musulmani che al-Qaeda tenta di piantare la sua bandiera nera. Quanto durerà questa guerra dentro all'Islam? «Non molto - rispose nell 1981 Maxime Rodinson, celeberrimo islamista i cui genitori finirono nelle camere a gas di Auschwitz - Forse 40 o 50 anni: un battito di ciglia confrontato con lo scorrere dei secoli».
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