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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2013 alle ore 06:37.

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Costi della politica, alle Regioni il primato della spesaCosti della politica, alle Regioni il primato della spesa

L'esercito di consiglieri, presidenti e assessori di Regioni e province autonome costa ogni anno alle casse pubbliche 800 milioni di euro e rappresenta una delle voci più onerose per i bilanci delle Autonomie, terza dopo il costo del personale (2,9 miliardi) e le generali «spese per servizi» (1,3 miliardi), ed esclusi i trasferimenti.
Sommando i consigli regionali, provinciali e comunali, poi, la politica costa 1,4 miliardi (quasi metà dei fondi necessari per togliere l'Imu sulla prima casa), ovvero 35 euro l'anno per ogni contribuente, di cui 19 solo per le Regioni. Per fare un paragone, per le opere di sistemazione del suolo si spendono solo 25 euro per ognuno dei 41,3 milioni di contribuenti.
C'è la conferma di un costo eccessivo della politica locale, ma c'è anche qualche sorpresa nella lettura dei primi dati «aperti» del Siope, il sistema che rileva incassi e pagamenti delle pubbliche amministrazioni, compresi Regioni, Province e Comuni, diffusi a inizio agosto. Si tratta di informazioni aggregate per tipologia di amministrazione, che forniscono comunque informazioni utili per capire come spendono le amministrazioni locali.
I dati delle uscite 2012 ribadiscono il triste primato dei costi della politica, che almeno fino all'anno scorso, sopravviveva a qualsiasi spending review. Un primato in cui le Regioni surclassano gli enti locali. Prendiamo per esempio le Province, da anni nel mirino proprio perché ritenute inutili e costose: l'affermazione è smentita dai dati Siope, almeno per quel che riguarda il costo pro capite di consiglieri e assessori provinciali: «solo» 2,5 euro contro i 19 dei politici regionali e i 13 di quelli comunali (si veda la tabella a fianco). Ma il discorso cambia se si analizza il rapporto percentuale tra la spesa corrente e quella per organi istituzionali: 1,32 euro il peso dei rappresentanti delle Province rispetto al totale della spesa corrente dello stesso ente, contro lo 0,55 dei politici regionali e l'1,07 di quelli comunali.

Le Regioni conquistano anche l'infelice record del rapporto tra la spesa corrente e quella produttiva di sviluppo e crescita, ovvero la spesa in conto capitale: 145 miliardi in un anno per funzionare la macchina, contro i 17 miliardi spesi per investimenti su strade, ospedali ed espropri. In pratica, soltanto un euro ogni dieci usciti dalle casse regionali l'anno scorso è servito a finanziare un'infrastruttura. Certo in molti casi le spese correnti nascondono voci difficilmente comprimibili (pensioni e contributi previdenziali per il personale, ad esempio) o trasferimenti necessari per settori chiave come la sanità (87 miliardi, ovvero la metà di tutta la spesa, sono andati alle Asl), ma sopravvivono anche alcune voci più opache: oltre agli 800 milioni per organi istituzionali, ci sono anche i 117 milioni spesi dai governatori per «studi, consulenze, indagini e gettoni di presenza».
Meno sbilanciato il rapporto per Comuni e Province: entrambi destinano alla spesa produttiva il 21% degli investimenti. Semmai il dubbio per le Province è quello della loro stessa funzione: senza la gestione degli appalti stradali, che da sola assorbe il 42% degli investimenti dell'ente, effettivamente la ragion d'essere delle 110 Province, costate 8 miliardi nel 2012, verrebbe svuotata di senso.

Le sorprese
L'analisi delle uscite ridimensiona il mito dei soldi pubblici buttati per finanziare sagre e congressi o per acquistare risme di carta e materiale di cancelleria. In realtà, a convegni ed eventi le Regioni destinano 62 milioni l'anno, ovvero lo 0,04% della spesa corrente, le Province lo 0,5% e i Comuni lo 0,4 per cento. Uscite non indifferenti, certo. Ma tutto sommato analoghe a quelle legali: 50 milioni, pari allo 0,03% nelle Regioni, 205, pari allo 0,39%, nei Comuni.
Altra sorpresa. I dati Siope 2012 sfatano la leggenda della difesa del suolo come cenerentola degli investimenti locali: nel 2012 le Autonomie hanno comunque destinato a questa voce 1,2 miliardi su 34 totali, vale a dire il 3,3% della spesa per infrastrutture. Il problema, in questo caso, è che servirebbero risorse maggiori in termini assoluti, non relativi.

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