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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2013 alle ore 06:43.

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ROMA
Ancora scintille ieri in Aula a Montecitorio tra la presidente della Camera, Laura Boldrini, e il Movimento 5 Stelle. Alla polemica innescata dai pentastellati contro la convocazione dell'assemblea – in piena pausa estiva – per incardinare il decreto antifemminicidio, valutata come «inutile spreco di soldi», Boldrini ha replicato direttamente in apertura di riunione. «Mi dispiace davvero che il livello sia questo. È un atto costituzionalmente dovuto. Se non lo avessimo fatto, avremmo violato la Costituzione. Mi spiace che si ricorra a questi espedienti. Non è segno di maturità», ha tuonato Boldrini, rivolgendosi al deputato M5S Massimo Artini che l'aveva accusata di aver convocato una seduta per un mero adempimento formale. Al deputato grillino Walter Rizzetto che lamentava i costi sostenuti («buttati 150mila euro»), la numero uno dell'Assemblea di Montecitorio ha replicato duramente: «Ha capito che è un obbligo essere qui? È la Costituzione che lo chiede entro 5 giorni, cosa parla di sprechi! Questo è un esercizio democratico». Frasi pronunciate polemicamente contro il Movimento 5 Stelle, che nei giorni scorsi aveva accusato la presidente di cercare solo visibilità convocando per pochi minuti i deputati. Il battibecco è durato per tutta la seduta, coinvolgendo anche la Lega contro Boldrini: «Eccesso di protagonismo». Alla seduta di Montecitorio hanno partecipato 104 parlamentari: 45 democratici, 4 del Pdl, 5 della Lega e 22 del M5S. Al banco del Governo era presente soltanto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini.
«La Camera, con buona pace di chi soffia su un fuoco che è di paglia, non si ferma; anzi, come i colleghi del M5S hanno vissuto per il decreto del fare, quando è necessario lavora giorno e notte», hanno dichiarato in una nota dai presidenti delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia, Francesco Paolo Sisto e Donatella Ferranti, spiegando che, dopo l'assegnazione del decreto contro il femminicidio, «sono state immediatamente concordate le modalità di organizzazione dei lavori», che inizieranno il 27 agosto.
Il testo, varato l'8 agosto dal Consiglio dei ministri e partito ieri alla Camera stabilisce, tra l'altro, l'arresto obbligatorio in flagranza per maltrattamento familiare e stalking; aumento di un terzo della pena se alla violenza assistono minorenni o se viene commessa su una donna incinta oppure dal partner; permesso di soggiorno alla vittima se è di nazionalità straniera; irrevocabilità della querela; allontanamento da casa del coniuge violento se c'è un rischio per l'integrità della vittima. Nuove norme per combattere il fenomeno della violenza nei confronti delle donne e il femminicidio.
Infine, sui possibili scenari derivanti dall'ipotesi di caduta del Governo i Cinque Stelle confermano la loro indisponibilità a sostenere un Letta Bis. E il no ad appoggiare un altro Governo con un altro esponente del Pd o, tantomeno, con il Pdl. «Sarebbe accanimento terapeutico da parte di Napolitano» ha detto Luigi Di Maio, vicepresidente M5S alla Camera che ha aggiunto: «Noi siamo pronti a ricevere un mandato esplorativo dal capo dello Stato per formare un nostro Governo che innanzitutto restituisca la funzione legislativa al Parlamento».
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