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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2013 alle ore 06:41.

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Alterne sono le fortune dei generali del Medio Oriente, tornati in primo piano con il colpo di stato al Cairo. Alcuni di loro sono stati anche dei beniamini dell'Occidente come Pervez Musharraf, ex uomo forte del Pakistan, arruolato dagli americani nella lotta al terrorismo al tempo della guerra in Afghanistan nel 2001: la mossa che gli permise, dopo il colpo di stato del '99, di restare in sella più del dovuto e del necessario.
Adesso è stato incriminato per l'assassinio di Benazir Bhutto, leader dell'opposizione uccisa in un attentato il 27 dicembre 2007 a Rawalpindi, poco tempo dopo il suo rientro dall'esilio. I Bhutto con i militari, che hanno comandato per tre quarti della storia del Paese, dalla partizione con l'India nel 1947, hanno un conto aperto: il padre di Benazir, Zulfikar Alì Bhutto, nazionalista e progressista, fu impiccato dal generale Zia ul Haq nel 1979 proprio a Rawalpindi.
Anche Zia era un alleato degli Stati Uniti: anzi fu proprio lui, fautore di una stretta osservanza della legge islamica, il principale partner di Washington nella guerra contro l'Armata Rossa dopo l'invasione dell'Afghanistan nel 79. Zia morì nell'88 in un misterioso incidente aereo ma i militari continuarono a tenere le redini del potere anche quando al governo si alternarono i civili.
Musharraf rischia l'ergastolo o la pena di morte: non si prevedono sconti. E per un motivo molto semplice: l'attuale primo ministro, Nawaz Sharif, era il capo del governo quando l'ex generale-dittatore lo spazzò via con un golpe, costringendolo a un esilio di otto anni e a convivere con il terrore di essere assassinato da un commando inviato da Islamabad. Sharif, sotto l'ala protettrice della casa saudita, fu anche un amico di Osama bin Laden che gli finanziò una delle sue costose campagne elettorali. Ma il Medio Oriente cambia: Osama è stato ucciso, Musharraf detronizzato e oggi Sharif apre agli islamici nel tentativo di pacificare un Paese di 180 milioni di persone martoriato dal terrorismo.
La macchina delle Forze Armate pakistane ricorda da vicino quella egiziana, turca e algerina e non sarà comunque intaccata dal caso Musharraf: l'Isi - i servizi segreti militari con sede in una palazzina anonima del centro di Islambad - decide ancora le linee strategiche del Paese. Come al Cairo, ad Algeri, a Damasco, e in un tempo recente ad Ankara, i militari pakistani hanno sotto controllo non soltanto le stanze del potere ma anche una parte consistente dell'economia.
In questi Stati, che spesso si identificano anche a livello popolare con le Forze Armate, l'unica istituzione davvero granitica, esiste il generale della farina, quello del petrolio, dell'edilizia e dei grandi lavori: chi ha fatto affari in Egitto, Algeria, Pakistan, Turchia, sa che bisogna passare dai vertici militari per concludere gli affari più importanti. Le Forze armate dirigono grandi stabilmenti strategici, controllano forniture militari, energetiche e dispongono di una sorta di welfare state parallelo che assegna agli ufficiali case, posti nelle Università, pensioni, prebende e riserva un'assistenza medica speciale.
I "Pasha della repubblica", i generali turchi, sono stati ridimensionati dal partito islamico Akp di Erdogan e anche dall'ultima sentenza sul caso Ergenekon che ha condannato all'ergastolo l'ex capo di stato maggiore Ilker Basbug, ritenuto colpevole, insieme a molti altri, di un tentativo di colpo di stato. Messi all'angolo stanno però reagendo con crescente irritazione e potrebbero ostacolare le ambizioni di un Erdogan in fase calante all'interno dopo gli eventi di piazza Taksim e sulle difensive in politica estera: i militari egiziani hanno appena eliminato uno dei suoi alleati più importanti nella regione. Ma come è avvenuto in molti Paesi musulmani avremo modo di scoprire pure in Egitto che i generali sono una soluzione ma anche una parte del problema mediorientale.
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ALLA SBARRA
Ex presidente
Il generale Pervez Musharraf (nella foto) ha preso il potere in Pakistan nel 1999 con un colpo di Stato che ha esautorato l'allora primo ministro Nawaz Sharif che ora è di nuovo premier del Paese. È stato accusato di essere il mandante dell'omicidio di Benazir Bhutto, avvenuto nel dicembre 2007. Il 18 agosto 2008 ha annunciato le dimissioni alla tv nazionale; dall'aprile 2013 è agli arresti domiciliari per l'omicidio Bhutto

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