Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 22 agosto 2013 alle ore 06:40.

My24


Le prime immagini diffuse su Internet sono strazianti: decine di cadaveri coperti da un lenzuolo, disposti in file ordinate. Dai volti che affiorano si ha quasi l'impressione che dormano. Le lenzuola sono candide, senza macchia di sangue. Un altro filmato mostra quattro bambini incoscienti sul pavimento di un ospedale improvvisato, probabilmente una delle cliniche clandestine ricavate in garage o scantinati per sfuggire ai bombardamenti. Un medico prova a rianimarli. Dalla bocca di un bambino esce un sostanza simile a schiuma. Altri video ritraggono numerose persone ancora vive, apparentemente senza ferite, soccorse con maschere di ossigeno. È un attacco con armi chimiche, un massacro senza precedenti perpetrato dal regime di Damasco, accusa l'opposizione siriana.
Difficile ricostruire la dinamica dei fatti. Ancora più difficile avere un numero indicativo sulle vittime. In principio si parlava di decine di persone, soprattutto civili, tra cui donne e bambini. Poi oltre 200, e poche ore dopo 750. Da Istanbul la coalizione nazionale delle opposizioni siriane in esilio ha denunciato 1.300 morti.
L'attacco sarebbe avvenuto alle sette del mattino nella regione della Ghouta orientale, roccaforte dei ribelli a est di Damasco, e, sembra, in due sobborghi a sud della capitale: Muaddamiya e Daraya. Immediate la smentita di Damasco. «I resoconti sull'uso di armi chimiche a Ghouta sono totalmente falsi». La veridicità dei video non è stata confermata da organi di stampa indipendenti. Ma se la notizia fosse confermata si tratterebbe di un attacco gravissimo. Che potrebbe anche spingere i Paesi occidentali schieratisi contro il regime a intervenire in modo diretto nel conflitto. Un attacco di questa portata sancirebbe infatti una plateale violazione della linea rossa, vale a dire l'«impegno» prospettato da alcuni Paesi occidentali, Stati Uniti in testa, di essere pronti a intervenire contro Damasco nel caso in cui usasse armi chimiche.
I precedenti sono recenti. A metà giugno, dope le accuse da parte di Francia e Regno Unito, gli Stati Uniti sciolsero le loro riserve e annunciarono di esser in possesso di prove relative all'uso da parte del regime siriano di armi chimiche contro i ribelli in quattro episodi definiti però circostanziati. La Casa Bianca dichiarò di esser pronta a inviare armi all'opposizione siriana. Munizioni tuttavia "leggere", certo non le armi contraeree richieste dai ribelli per arginare l'aviazione di Assad.
Non c'è dubbio che Damasco disponga di uno dei più grandi arsenali di armi chimiche del Medio Oriente. Ma risulta difficile comprendere perché lo abbia fatto proprio ora, quando il conflitto sembra pendere in suo favore. Grazie al decisivo appoggio delle milizie libanesi degli Hezbollah, il regime è riuscito a stappare ai ribelli importanti città strategiche, come Qusair. Perché poi sferrare un attacco di queste dimensioni proprio nei giorni in cui, dopo mesi di rifiuti, è arrivata a Damasco una missione di esperti dell'Onu incaricata di verificare se sono state usate armi chimiche nel conflitto tra lealisti e ribelli. Lega araba e Francia hanno chiesto che al team Onu sia consentito di recarsi sul luogo della strage di ieri. Dopo aver espresso grande preoccupazione, Washington, Parigi e Londra pretendono un'inchiesta. Ieri si è tenuta un riunione urgente al Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
La prudenza della Casa Bianca ad armare i ribelli è stata motivata dall'ascesa dei movimenti jihadisti nelle file dell'opposizione, in alcuni dei quali militano cellule qaediste. Da tempo gli Usa temono che gli armamenti possano finire nelle mani sbagliate. Senza contare che la minaccia delle armi chimiche riguarda entrambi i belligeranti. In maggio Carla del Ponte, membro della Commissione Onu che indaga sulle violazione dei diritti umani in Siria, rilasciò una dichiarazione clamorosa sull'utilizzo del gas nervino, stavolta da parte degli oppositori. Testimonianze, sospetti, indizi. Ma non prove inconfutabili. Il mese successivo, però, il premier britannico Cameron tornò sull'argomento: anche se al momento non vi sono informazioni sul fatto che i ribelli ne abbiano fatto uso, gruppi legati ad al-Qaeda hanno tentato di procurarsi armi chimiche da utilizzare in Siria.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi