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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2013 alle ore 17:52.

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Coppa America, la leggenda compie 162 anni

Il 22 agosto 2013 si sono compiuti i centossessantadue anni di Coppa America, o meglio, per non irritare gli storici più precisi, anni passati dal mitico 1851, anno dell'Esposizione Universale di Londra, della sfida del New York Yacht Club agli yacht inglesi e della regata che ha visto in palio la Coppa delle Cento Ghinee, più avanti Coppa America. È un trofeo in argento forgiato da Garrard (gioielliere della regina d'Inghilterra) in due, forse tre esemplari nel 1848 e mai venduto fino a quell'anno. Uno, dopo la vittoria della prima regata attorno all'isola di Wight per mano americana è diventata la Coppa America. Nei decenni si è arricchita delle iscrizioni dei partecipanti e dei vincitori di 34 edizioni: ci sono anche due nomi di italiani sconfitti, quello del Moro di Venezia challenger del 92 e quello di Luna Rossa, challenger del 2000. Per farci stare tutti i nomi sono stati aggiunti due cilindri che la rendono ancor più pesante sia da vedere che da sollevare e le tolgono un po' dell'aspetto vittoriano.

Delle copie si sa poco, naturalmente è tutto intriso della stessa leggenda che pervade tutto l'evento di cui ognuno ha la sua verità. Una è visibile a Gstad (avete letto bene, località di montagna) dove un esclusivo Yacht Club per banchieri sciatori sfida le temperature peggiori e manda in giro il suo guidone, non è chiaro se sia una copia originale (come affermato) o più realisticamente una copia realizzata con gli stessi stampi, conservati ancora da Garrard. Molto più gustosa la leggenda sull'altro esemplare, che sarebbe sul caminetto di Ted Turner nel Texas: captain Outrageous avrebbe, secondo i più fantasiosi, addirittura sostituito la Coppa quando l'ha vinta con quella originale. In realtà la "originalità" della Coppa viene controllata attraverso marche e segni che solo alcuni depositari conoscono e che di tanto in tanto controllano. La Coppa viaggia in aereo, ma sempre su un sedile da passeggero e sempre controllata da una guardia del corpo.

La Coppa… il più antico trofeo dello sport che si disputa senza interruzioni, se non quelle delle guerre che più che altro l'hanno rallentata. La domanda, che tutti si sono posti in questi giorni di regate bizzarre con questi oggetti volanti che quando passano fischiano più che sbattere sull'onda è: ma questo è davvero sport? La Coppa, bisogna ammetterlo è stata soprattutto palestra di grandi eccessi per tycoon con l'ego esuberante, occasione di affari d'oro dove gli equipaggi e le loro avventure sono stati quasi sempre in secondo piano, perché era meglio vedere e scrivere d'altro. Così in questa edizione così particolare e nuova alzando la bandiera del "troppo" si sta dimenticando quanta fatica abbiano fatto designer, progettisti, equipaggi per imparare a navigare. E la poesia di Emirates Team New Zealand così forte in alcuni momenti resta senza pubblico. Il pubblico critica, Facebook critica: non è match race. Poi tutti a dire, nonostante i budget sia inferiori o uguali a quelli del 2007: costa troppo. Sono le critiche di chi non c'è, la storia della volpe e l'uva: non mi piace perché non ci posso arrivare. Ma non con il portafoglio, con la testa. Del resto c'è poco di più immutabile della navigazione a vela: le caravelle che hanno scoperto l'America non sono tanto diverse dalle navi tonde romane che 14 secoli prima navigavano sulla rotta del grano dall'Egitto a Roma, i galeoni di sir Francis Drake mica tanto diversi dalle navi di Horatio Nelson signore di Bronte che due secoli dopo l'arrivo a San Francisco del corsaro della Regina erano a Trafalgar. In mare il progresso è lento perchè "barca che va non si cambia" e i marinai sotto sotto hanno paura del mare. Sacrosanto.

La Coppa America deve essere davvero match race? Nasce per definizione come incontro di due Yacht Club con due barche diverse. Il desiderato monotipo non è previsto neanche per scherzo. È previsto l'esperimento, l'eccesso, la leggenda. Non è ancora tempo di bilanci, certo, ma quel che si vede (anche a occhio nudo) è che la parte comunicazione, programmi di regata, contatto con il pubblico, sia stata molto peggiore della scelta della barca così veloce e moderna. Per gli sponsor che volevano partecipare, tre anni fa, era impossibile avere un programma definito, garantito. Quello è l'errore, non l'estetica della velocità degli AC 72, barche del terzo millennio. Aver pensato che la Coppa sia un evento pari alla Formula Uno, vendibile in ogni particolare è un errore di prospettiva grave più che aver scelto barche tanto innovative.

La Coppa America andrà avanti, anzi queste regate di San Francisco sono un mattone in più per la sua leggenda, catamarani che mai più rivedremo, velocità che mai più proveremo. Questa è leggenda. Torneremo con i piedi per terra con un monoscafo che plana a 35 nodi se vince Emirates Team New Zealand (non si offenda Luna Rossa… ) oppure con un catamarano volante da 60 piedi se vince Oracle. Altro giro, altro spettacolo.

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