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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2013 alle ore 07:52.

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La base di Gioia del ColleLa base di Gioia del Colle

Le operazioni belliche anglo-americane contro la Siria, considerate da alcuni ormai imminenti, non sembrano raccogliere molti consensi in Italia dove il governo e tutte le forze politiche hanno espresso, con diverse sfumature, preoccupazione per il ricorso alle armi. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, e il primo ministro britannico, David Cameron, hanno avuto oggi un colloquio telefonico sugli sviluppi della situazione in Siria. «Regno Unito e Italia - informa un comunicato di Palazzo Chigi- convengono sul fatto che con l'uso massiccio di armi chimiche in Siria si è oltrepassato il punto di non ritorno. Letta ha ribadito a Cameron la ferma condanna da parte dell'Italia dell'attacco del 21 agosto contro la popolazione civile siriana: crimine inaccettabile che non può essere tollerato dalla comunità internazionale. Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha però messo in chiaro che l'Italia non parteciperà ad alcuna azione se non in presenza di un pronunciamento in tal senso delle Nazioni Unite anche se meno categorico è sembrato il Ministro della Difesa Mario Mauro.

«Dobbiamo essere estremamente responsabili e prudenti» di fronte all'opzione di un intervento militare in Siria, ha dichiarato Mauro auspicando che la «nostra voce» non sia «timida» nei confronti di Washington, Berlino e Parigi, ma «profondamente in sintonia» con il ruolo degli alleati. Mauro ha sottolineato che «le consultazioni in corso con gli alleati» permetteranno di capire «quale sia la soluzione più adeguata», ma allo stesso tempo l'Italia deve continuare «a indicare come strada privilegiata la soluzione politica», e di un intervento, ma solo sotto l'egida delle Nazioni Unite. Il ministro della Difesa ha però ribadito che il nostro Paese darà «sicuramente l'assenso a quelli che sono gli orientamenti della comunità internazionale» ricordando che l'Italia «è fortemente impegnata in Afghanistan, in Libano, con un impegno che è anche assunto davanti al G20 sui destini della Libia».

Parole che sembrano voler mettere le mani avanti nel caso gli Stati Uniti chiedessero un contributo militare anche a Roma, come è accaduto due anni or sono nel conflitto libico al quale l'Italia non solo offrì le basi aeree indispensabili agli alleati per vincere la guerra ma fu anche "costretta" dalle pressioni di Washington a partecipare ai bombardamenti contro l'ex alleato libico.

Nelle operazioni militari contro il regime di Bashar Assad che sembrano configurarsi due elementi sembrano escludere un ruolo anche marginale dell'Italia. Se i raid saranno limitati nel tempo e relegati all'impiego di missili lanciati da navi e velivoli verranno coinvolti solo mezzi anglo-americani e forse francesi basati in mare o nei Paesi limitrofi alla Siria (Turchia, Giordania e Cipro). In linea teorica il limitato impiego di velivoli consentirebbe a britannici e statunitensi addirittura di fare a meno di basi avanzate effettuando voli senza scalo ma con molti rifornimenti in volo.

In ogni caso i Paesi arabi e la Turchia, in prima fila nel chiedere la testa di Bashar Assad e nel sostenere la necessità di un intervento militare internazionale, sono ben disponibili a mettere a disposizione basi che vengono già da anni normalmente utilizzate dai jet statunitensi.

Le uniche basi coinvolte potrebbero essere a Cipro e a Creta
Secondo indiscrezioni, le uniche basi europee coinvolte potrebbero essere quella britannica di Akrotiri (a Cipro) e quella statunitense di Suda Bay, a Creta. Delle basi italiane quindi non c'è nessun bisogno anche perché Brindisi, Gioia del Colle e Trapani, gli aeroporti italiani più vicini alla Siria, distano da Damasco quasi 2 mila chilometri.

Del resto, almeno per ora, non è previsto alcun coinvolgimento della Nato (che con un comunicato ha fatto sapere giorni fa di "monitorare attentamente la situazione in Siria) e l'Italia non ha quindi nessun vincolo di sostegno militare nei confronti degli alleati che verranno coinvolti nel conflitto in Siria ma nell'ambito di una "coalition of the willing". Anche le due basi aeree statunitensi in Italia, Sigonella dell'Us Navy e Aviano dell'Usaf, sono troppo lontane dall'area operativa per venire coinvolte direttamente nelle operazioni anche se è possibile che i due aeroporti vengano utilizzati come scalo logistico da velivoli e droni in volo verso l'area mediorientale.

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