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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2013 alle ore 08:41.
Era una legge ereditata dall'impero britannico, il Land Acquisition Act in vigore in India dal 1894, e i tentativi del Governo di Manmohan Singh per riformarla risalgono al 2011. Ma ora che il Parlamento di Delhi ha approvato la nuova legge sull'acquisizione delle terre agricole da parte dell'industria, difficilmente il primo ministro indiano potrà servirsene per rinvigorire la propria fama di riformatore in un momento in cui l'economia invoca misure per rilanciare la crescita.
La novità sembra piuttosto guardare alle elezioni in programma per il prossimo anno: la legge, infatti, prevede un risarcimento per i terreni espropriati per uso industriale o commerciale fino a quattro volte il prezzo prevalente di mercato, per le aree rurali, e due volte per le aree urbane. Nel caso di acquisizioni da parte di compagnie private, sarà necessario il consenso dell'80% dei residenti coinvolti, per le partnership pubblico-privato il consenso sarà del 70%.
Jairam Ramesh, il ministro per lo Sviluppo rurale del Governo guidato dal Congress Party, sottolinea che la legge riflette la determinazione a eliminare «diffuse e storiche ingiustizie», cercando nel tempo stesso di bilanciare gli interessi di tutte le parti in causa. Nel passato si sono verificati episodi di progetti infrastrutturali bloccati dalla resistenza dei contadini, oppure di contadini rovinati dalle condizioni sfavorevoli imposte, in alcuni casi cacciati dalle proprie terre senza compensazioni.
Ma a nome delle imprese, la Confederation of Indian Industry ha replicato al Governo che «nel momento in cui grandi progetti sono bloccati e la competitività globale dell'India è in pericolo, un processo di acquisizione delle terre meno gravoso avrebbe aiutato la crescita per il lungo termine e ricostituito la fiducia degli investitori». Tanto più che la legge - che attende il via libera del Raj Sabha, la Camera alta del Parlamento indiano - potrebbe avere un parziale effetto retroattivo su transazioni già concluse. Criticata dalla Cii anche la clausola per cui la terra non utilizzata per cinque anni dovrà essere restituita.
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