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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2013 alle ore 08:40.

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Uno dopo l'altro. Il rallentamento dell'India e l'accelerazione del Brasile nel secondo trimestre non rivela una divergenza tra i paesi Emergenti, accomunati oggi da turbolenze valutarie difficili da contrastare, ma segnala piuttosto che non tutti freneranno allo stesso tempo.
Il Brasile ha sicuramente sorpreso tutti. Gli economisti si aspettavano un'accelerazione dell'attività economica, ma pensavano che il Pil del secondo trimestre si sarebbe fermato al 2,5% annuo, dall'1,9% del primo trimestre. L'economia invece ha aumentato il ritmo fino al 3,3%, sulla spinta del manifatturiero, delle costruzioni, e dei trasporti o - da un altro punto di vista - di agricoltura, beni capitali ed esportazioni. Negli abituali termini trimestrali il paese è cresciuto in primavera dell'1,5%, dal +0,6% dell'inverno precedente (gennaio-marzo).
Il ministro dell'Economia Guido Mantega è entusiasta: ora prevede che il Paese possa crescere a un ritmo del 4% nel 2014. Quest'anno farà però molto meno: si fermerà al 2%, forse al 2,2% dopo i dati di ieri, grazie anche alla flessione del real, che potrebbe spingere esportazioni già salite in primavera - per motivi indipendenti dalla valuta - del 6,9% trimestrale.
Molti economisti sono infatti convinti che il Brasile si stia avviando verso una crescita zero nella seconda metà dell'anno. «I consumi sono stati deboli - spiega Newton Rosa della Sulamerica Investimentos - e così i servizi. Vediamo qui un segnale: la crescita del secondo trimestre non sarà mantenuta nel terzo». Tutti gli indicatori che si proiettano nel futuro (gli anticipatori, o leading) sono peggiorati: «L'industria potrebbe essere calata dell'1,4% in luglio, e le vendite al dettaglio probabilmente sono scese dell'1,1 per cento» aggiunge Flavio Serrano della Espirito Santo Investment Bank.
Il futuro del Brasile potrebbe assomigliare allora a quello dell'India, che ieri ha annunciato un Pil del secondo trimestre (del 2013, il primo dell'anno fiscale indiano 2013/2014) del 4,4%, in rallentamento dal 4,8% del primo trimestre dell'anno. Non è molto, in realtà, per un Paese emergente, e rappresenta per l'India il ritmo di sviluppo più lento dal primo trimestre del 2009. Al punto che il primo ministro Manmohan Singh ha voluto tranquillizzare il Parlamento. «Dobbiamo garantire - ha detto - che i fondamentali dell'economia resteranno forti, così che l'India continui a crescere a un ritmo sano per molti anni. Lo faremo: senza dubbio abbiamo di fronte sfide importanti».
L'ottantenne politico (ed economista, esperto di commercio con l'estero) ha anche aggiunto che «in una certa misura, il deprezzamento della moneta può essere positivo per l'economia perché aiuterà ad aumentare la competitività delle nostre esportazioni e scoraggerà le importazioni», tra le quali - va però ricordato - ci sono materie prime importanti come il petrolio e l'oro, molto amato dai risparmiatori indiani. Nell'attesa di poter correggere nel tempo l'enorme deficit corrente del Paese, uno dei consulenti del ministero delle Finanze Dipak Dasgupta ha fatto riferimento ieri a contatti in corso con altri Paesi emergenti per un intervento coordinato sulle valute, per fermarne il deprezzamento. Un portavoce del Banco Central do Brasil ha però smentito.
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