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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2013 alle ore 12:01.

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Il Cardinale Pietro Parolin (Olycom)Il Cardinale Pietro Parolin (Olycom)

Il cambio della guardia alla guida della Curia vaticana è stato deciso. Papa Francesco ha firmato. L'arcivescovo Pietro Parolin sarà il nuovo segretario di Stato, in sostituzione del cardinale Tarcisio Bertone, in carica dal 2006 e prossimo al compimento dei 79 anni. Il nuovo "primo ministro", 58 anni (il più giovane mai fatto), veneto di Schiavon, è dal 2009 nunzio apostolico in Venezuela, dove fu nominato dopo aver ricoperto per sette anni la carica-chiave di sottosegretario ai rapporti con gli Stati, in pratica il prelato che ha in mano i dossier più delicati di politica internazionale della Santa Sede. Il nome di Parolin non è una sorpresa: già dal giorno dopo l'elezione di Bergoglio fu indicato su alcuni organi di informazione – tra cui Il Sole 24 Ore - come uno dei prelati più stimati da Francesco, e la sua nomina da tempo era data molto probabile se non scontata, nonostante fossero ancora insistenti i rumors su candidature "certe" di altri porporati.

Bertone - 79 anni a dicembre, formalmente dimissionario da quando ne ha compiuti 75 come prescrive il codice di diritto canonico - a quanto risulta per il momento mantiene la carica di Camerlengo (la guida del Vaticano in caso di sede vacante) e di presidente della Commissione cardinalizia dello Ior, carica che spetta di norma al segretario di Stato. Probabilmente accadrà come con il cardinale Angelo Sodano, che lasciò tutte le cariche a 80 anni, limite massimo per poter avere incarichi di qualsiasi tipo, eccezion fatta per quella di Pontefice.

Nel caso di Bergoglio il cambio della guardia alla segreteria di Stato è stato abbastanza rapido rispetto al precedente pontificato, quando avvenne un anno e mezzo dopo e con modalità curiose: annuncio a giugno, entrata in carica a metà settembre. Ma non fu la sola anomalia storica: si era trattato del primo segretario di Stato che non proveniva dalla carriera diplomatica, un tema questo più volte sollevato dagli ambienti ecclesiastici e non come una delle possibili cause degli incidenti di percorso della seconda metà del papato di Ratzinger, il quale tuttavia lo difese sempre, anche quando diversi cardinali gli sollecitarono la sostituzione, come avvenne in un noto incontro a Castelgandolfo nel 2010. Dopo la rinuncia di Benedetto al ministero petrino Bertone aveva operato per consolidare la sua posizione, sia con la sua conferma alla guida della commissione Ior, che dura cinque anni, sia con la nomina del nuovo presidente dell'Istituto, nonostante la carica fosse vacante dal maggio 2012. Inoltre a Bertone era stata attribuita la "candidatura" del cardinale brasiliano Odilo Sherer per il conclave, porporato che siede anche lui (confermato) nella commissione Ior, sulla quale peraltro Francesco ha da due mesi istituito una commissione di inchiesta che dovrà formulare proposte di riforma dell banca.

La storia dei pontificati del secolo scorso indica che sui tempi di nomina del "primo ministro" non c'è una regola fissa (Pio XII non lo nominò mai, Giovanni XXIII lo fece la notte stessa dell'elezione, Wojtyla nominò Casaroli solo dopo la morte di Villot, che resta l'unico non italiano nella carica) e di certo molto è cambiato da quando la carica ha assunto il peso attuale. Che una decisione fosse nell'aria lo si era capito tre giorni fa, quando il Papa a sorpresa aveva ricevuto in udienza proprio il Decano, Angelo Sodano, profondo conoscitore della Curia e dello stesso Parolin, sacerdote dal 1980 e in carriera diplomatica pontificia dal 1986 (dopo esser stato vice parroco nella sua terra veneta), con incarichi in Nigeria e soprattutto in Messico, dove lavorò in modo determinante alla stesura del concordato. Il suo lavoro in Curia fu talmente apprezzato (si occupò tra l'altro proprio dei rapporti con l'Italia coadiuvando Attilio Nicora sulle questioni di applicazione della revisione del Concordato) che fu nominato sottosegretario, prendendo in mano dossier scottanti come quello dei rapporti con il Israele – ormai è prossima la firma dell'intesa fiscale-giuridica – e soprattutto con la Cina popolare. Con Pechino i rapporti sono molto difficili (quelli diplomatici non ci sono), ma proprio nel periodo in cui fu Parolin a fare la spola e ad avere contatti "non ufficiali" con il governo si riaprì il dialogo, che sfociò nella lettera di Ratzinger ai cattolici cinesi dell'estate 2007.

Da tempo le relazioni erano tornate in alto mare, ma l'avvento di "don Pietro" alla guida del governo papale viene salutato, riservatamente, dai vertici della Repubblica Popolare con un'ottima notizia per il futuro. Inoltre i tempi della nomina hanno anche un significato sul percorso di riforma delle istituzioni curiali. Ai primi di ottobre si riunirà il gruppo degli otto cardinali – guidato da Oscar Maradiaga – che su incarico del Papa dovrà iniziare a tracciare le linee di intervento, e quindi era necessario arrivare con la decisione più forte già presa.

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