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Questo articolo è stato pubblicato il 01 settembre 2013 alle ore 08:50.

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Saranno le polizze vita a pagare il conto della cancellazione dell'Imu -Addio alle detrazioni per le polizze

Saranno quindi le polizze a pagare il conto della cancellazione dell'Imu per la prima casa: in particolare i loro sottoscrittori, circa sei milioni di risparmiatori, le reti che le vendono e ovviamente le compagnie assicurative. Lo prevede il testo definitivo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in cui si specifica la copertura delle risorse necessarie per l'abolizione dell'imposta sugli immobili per la prima casa, oltre alle nuove norme per il salvataggio dei cosiddetti lavoratori esodati a causa di licenziamenti individuali.

Il tetto massimo di detraibilità delle polizze Vita e infortuni stipulate o rinnovate dopo il 2000 scende dagli attuali 1.291,14 euro a 630 euro per il periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2013; Dall'anno successivo scende a 230 euro a decorrere dal periodo d'imposta 2014. Più che dimezzato, dunque, a partire da quest'anno - e ridotto poi ad un quinto - il vantaggio fiscale di versare i premi di una polizza, strumento cardine del portafoglio di risparmio degli italiani. Una mossa che punta a incrementare le entrate del Fisco per circa 400 milioni per il 2013 e per circa 800 milioni di euro l'anno successivo (a invarianza di mercato).

Il traino fiscale è fondamentale per la diffusione delle polizze come di altri strumenti di risparmio: non è un caso che circa la metà di questo tipo di contratti venga sottoscritta tra novembre e dicembre, su sollecitazione delle reti distributive, per poter sfruttare nella dichiarazione dei redditi dell'anno successivo la detraibilità dei versamenti appena avviati. Nel 2012 i premi Vita versati alle compagnie nel 2012 erano stati 69,7 miliardi di euro – di cui circa 4 miliardi detratti fiscalmente dai contribuenti – portando a 527 miliardi di euro circa il patrimonio assicurativo gestito dalle compagnie italiane; mentre per i contratti contro gli infortuni sono stati versati quasi 3 miliardi. È su queste tipologie che va ad incidere la riduzione della detraibilità prevista dal decreto in Gazzetta Ufficiale.

E quindi anche sui premi versati da inizio 2013, con un effetto sostanzialmente retroattivo. Il settore Vita ha rappresentato anche nel 2012 per l'industria assicurativa la quota preponderante dei 105 miliardi circa di premi incassati. Non è il primo intervento sulla fiscalità del settore: per i contratti sottoscritti dal 2001 è scomparsa la possibilità di detrarre il 19% del capitale assicurato di tutte le polizze, ma solo solo per la parte "protezione" dei contratti, escludendo così la componente di risparmio. Da notare che le polizze Vita, per via della loro struttura commissionale che carica sulle prime rate gran parte degli oneri, induce il sottoscrittore a evitarne il disinvestimento prima della scadenza.

Per circa sei milioni di risparmiatori già sottoscrittori di questi strumenti il problema è rilevante. Diverso il riscorso per chi si trova a dover compiere una scelta ora e potrebbe trovare soluzioni fiscalmente più vantaggiose, come ad esempio i fondi pensione, per i quali è prevista una deducibilità sui versamenti entro i 5164,57. Le polizze Vita, lo ricordiamo, sono contratti di copertura assicurativa del capitale a scadenza (un'esigua minoranza preferisce una rendita al capitale, alla scadenza) e funzionano come uno strumento di risparmio analogamente a strumenti come i fondi comuni. Ma con un'appetibilità fiscale che manca agli strumenti di gestione del risparmio: non a caso le società di gestione del risparmio chiedono da tempo di allineare le condizioni fiscali tra i differenti strumenti per evitare arbitraggi.

Il rischio è quello di un rilevante impatto negativo sulla nuova produzione Vita. E di conseguenza sull'industria assicurativa e la sua solidità, stretta tra la crisi economica e le strette normative (Solvency II) che, per quanto rinviate, restano all'orizzonte. Difficile provare a stimare quale potrebbe essere l'impatto sulle compagnie. Quel che è certo è che il loro ruolo non è certo secondario: nei loro portafogli, a garanzia delle prestazioni da corrispondere ai clienti, ci sono circa 220 miliardi di titoli di Stato italiani.
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