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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2013 alle ore 22:51.

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«Giù le mani dalla previdenza». Il taglio delle detrazioni alle polizze Vita e infortuni disposto dal decreto 102 ha messo in allerta enti previdenziali e fondi pensione per una pluralità di ragioni: la decisione viene letta come un'inversione di tendenza rispetto alle scelte che negli scorsi decenni hanno incentivato il risparmio previdenziale destinato al Welfare individuale, nelle diverse forme, dai contratti assicurativi alla previdenza complementare ai fondi sanitari. Inoltre, crea un precedente che tiene in allarme gli investitori istituzionali italiani.

«È una mossa miope – dice Andrea Camporese, presidente di Adepp, l'associazione delle Casse dei professionisti –: in un paese in cui va decrescendo il tasso di copertura del primo pilastro, ossia dello Stato, ridurre l'incentivo al risparmio individuale non aiuta certo nè i singoli nè la collettività, che domani si troverà con fasce di popolazione in difficoltà. Fino a 40 anni i lavoratori difficilmente si interessano e chiedono informazioni sul proprio destino previdenziale: e questo è il segno di una scarsa cultura e di scarsa consapevolezza sul proprio futuro».

C'è il timore che il patrimonio delle Casse possa cadere sotto un'analoga scure? «Gli enti versano ogni anno decine di milioni di euro l'anno di Imu; abbiamo soddisfatto i criteri di sostenibilità a 50 anni, sopportiamo una doppia tassazione come fossimo uno strumento finanziario invece che di previdenza, veniamo considerati in questi casi privati ma soggetti pubblici quando si tratta di spending review; inoltre, sul nostro patrimonio immobiliare paghiamo decine di milioni di euro di Imu. Giunti a questo punto il messaggio che mi sento di dare è: non venite a bussare al nostro portone».

La guardia resta alta anche se il provvedimento in questione non tocca direttamente gli strumenti previdenziali come fondi pensione ed enti di primo pilastro, ma anzi riguarda strumenti per certi versi considerati "concorrenti" nelle scelte di risparmio dei cittadini, come i contratti assicurativi di ramo I.

Il punto in discussione è il messaggio che viene dato al mercato: «Il mio timore di fronte a questo tipo di misure - dice Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza -, è che producano un effetto di alta disaffezione per il sistema oltre che per gli strumenti in questione, a fronte di un gettito modesto o comunque non coerente con la qualità dell'operazione. Il rischio è che molti risparmiatori vengano disincentivati al risparmio, che è invece la base di ricchezza di ogni paese e, in particolare, del nostro. Inoltre – aggiunge Corbello – queste iniziative fanno temere che a fronte di necessità di cassa contingenti, forme strutturali di risparmio di lungo periodo, e definite da tempo, possano essere messe in dubbio».

L'industria assicurativa, ovviamente, si trova spiazzata dal decreto in vigore da sabato scorso e che va a incidere sui versamenti dell'anno in corso. «Si tratta di una sorpresa "molto negativa" per il settore e per i circa 6,5 milioni di contribuenti che hanno sottoscritto polizze vita – si limita a commentare Dario Focarelli, direttore generale dell'Ania, l'associazione delle imprese assicurative –. È un brutto segnale - aggiunge - anche per una previdenza che sempre di più supplisce al calo del Welfare».

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