Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2013 alle ore 16:58.

Su tutto il territorio italiano sono 1708 le aziende confiscate alla mafia in via definitiva. Il 95% di queste aziende si concentra in sei regioni: 623 in Sicilia, 347 in Campania, 223 in Lombardia, 161 in Calabria, 140 nel Lazio, 131 in Puglia. Solo 12 in Toscana e 71 sparse nel resto del Paese. Quelle che operano nel commercio sono 471 e nelle costruzioni 477 seguite da quelle alberghiere e della ristorazione che sono a quota 173. Ma sono presenti anche aziende ad indirizzo immobiliare e finanziario, informatico, manufatturiero, trasporto, sanitario e di distribuzione di energia elettrica, acqua e gas. Le ultime confisce riguardano gli impianti eolici e fotovoltaici in Sicilia, Calabria e Puglia. Ecco alcune storie esemplari che racchiudono le esperienze dal Nord al Sud d'Italia.
A Torino il bar sottratto alla 'ndrangheta anche grazie ai volontari di "Libera"
Chiuso grazie all'operazione Minotauro, non ancora giunta a sentenza definitiva, è ancora sotto sequestro il bar che si trova nei pressi di una caserma di polizia a Torino e che è stato inaugurato il 3 maggio. Grazie alla collaborazione dei volontari di Libera, l'associazione guidata da Don Luigi Ciotti che promuove la legalità e la giustizia contro le mafie, è stato possibile fare un investimento economico di circa 30mila euro per ristrutturare il locale fatiscente. Una moltitudine di persone, tra volontari della cooperativa Nanà e donatori spontanei, che si sono prodigati a pitturare, pulire e rimettere a norma l'impianto elettrico e quello del gas. Il bar, oltre ad impiegare persone con percorsi e storie complesse, retribuendole con borse di lavoro o con contratti veri e propri, riesce a pareggiare i costi.
Il Cafè de Paris in via Veneto a Roma
Noto come il ritrovo della Dolce vita, per essere frequentato da Federico Fellini, Frank Sinatra, Sophia Loren e Marcello Mastroianni, il Cafè de Paris è stato inaugurato da un barbiere di Sant'Eufemia d'Aspromonte che figurava come prestanome di Vincenzo Alvaro, un boss della 'ndragheta calabrese. Il locale non ha mai chiuso battenti e grazie all'amministrazione giudiziaria continua la sua attività nel cuore di Roma. Nella stessa operazione sono stati confiscati numerosi locali, bar e ristoranti che però non godono della fama del prestigioso locale in via Veneto.
Gli ostacoli e gli investimenti dell'impresa trapanese di calcestruzzo
Nell'ambito delle imprese confiscate alla mafia l'azienda Calcestruzzo Ericine Libera è l'unica che ha seguito l'iter della legge 109/96. Il calo delle commesse e delle richieste di preventivo o il dirottamento del mercato verso altri impianti di calcestruzzo è stato per anni il prezzo da pagare alla mafia. Ma grazie all'appello del prefetto Fulvio Sodano, rivolto alla classe imprenditoriale trapanese a favore delle aziende statali nell'approvvigionamento di commesse a parità di qualità e di prezzo, riuscì ad aggiudicarsi la ristrutturazione delle banchine del porto di Trapani che permise all'azienda di non chiudere. Una seconda strategia, attuata dal successore del boss Virga, fu quella di avvalersi della stessa legge 109/96 che chiedeva tramite un imprenditore allora pulito di acquistare la Calcestruzzi Ericine srl. Per fortuna il riscontro dell'anomalia da parte della magistratura è immediato. Nel 2004 scendono in campo lavoratori, Libera, Lega coop, Legambiente, Anpar per dare vita alla calcestruzzi Ericina Libera società cooperativa. Il progetto dell'azienda, per la ristrutturazione, per comprare un nuovo impianto di calcestruzzo e per ampliare il proprio comparto produttivo con la realizzazione di un impianto di recupero dei rifiuti provenienti da materiali di costruzione e demolizione, è di circa 2,5 milioni di euro così suddivisi: 1,1 milioni di euro arrivano dal finanziamento Por, 362 mila euro dalle risorse accantonate dall'azienda negli anni, 700 mila da un mutuo senza garanzia stipulato con Unipol e il resto da un aumento di capitale sociale della Calcestruzzi Ericina Libera con il coinvolgimento dell'azienda palermitana Immobiliare di Strasburgo, un'altra impresa confiscata alla mafia. Oggi, l'azienda ha un fatturato annuo di un milione di euro con 13 dipendenti, rispetta tutte le norme sulla sicurezza dei lavoratori e non vende in nero "ma soffre l'andamento di un mercato viziato che va a discapito dell'azienda legale" secondo Giacomo Messina, presidente della Calcestruzzi Ericina Libera .
©RIPRODUZIONE RISERVATA