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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2013 alle ore 09:23.
«Ora pro Siria», prega per la Siria, sussurra un monaco, che racconta di essere sfuggito qualche tempo fa a un bombardamento, mentre sale a passo svelto un sentiero della montagna di Malula. A un'ora da Damasco, Malula e Sednaya sono una meta storica dei pellegrinaggi dei cristiani siriani, il 10% della popolazione su 23 milioni: ogni dieci chilometri un posto di blocco e nei campi le sagome lucide dei carri armati di Bashar
Assad che si erano volatilizzati durante le ispezioni dell'Onu.
Ma quelli che vedevo in quel momento, due settimane fa, erano soltanto i segnali della tempesta: qualche giorno dopo il mio passaggio su queste strade la guerriglia ha sferrato l'offensiva sulla capitale e un attentato ha decapitato i vertici militari e dei servizi segreti del regime. Con la tomba di Santa Tecla scavata nella roccia, Malula ha un'aria pittoresca e leggiadra, padre Tawik intona il padre nostro nell'antico aramaico, la lingua di Gesù. A Sednaya il monastero di Nostra Signora, circondato da un'alta muraglia, ha invece l'aspetto di una fortezza, un nido d'aquila che sovrasta la pianura.
Forse è la solidità di queste mura e l'isolamento di Sednaya che attirano qui i cristiani scappati da Hama e Homs. «Per una parola sbagliata una ragazza è stata sgozzata, un'altra è stata minacciata di morte, il caos delle bande armate che occupano la città è insostenibile», racconta Abdu, 38 anni, imprenditore edile. È sfollato con un sarto, un operaio, un pensionato di 77 anni e le loro famiglie: «Da Hama se ne vanno tutti i
cristiani che hanno parenti in qualche posto più tranquillo. L'esercito entra di giorno a combattere e di notte si ritira, lasciando la città in mano agli insorti che si vendicano: o sei con loro o contro di loro».
I cristiani temono per il futuro ma secondo il nunzio apostolico, monsignor Mario Zenari: «Non c'è una persecuzione, soffrono come soffrono tutti i siriani». Alcuni giorni dopo questa dichiarazione, davanti all'escalation di violenza, è stato proprio il nunzio a lanciare un appello accorato per fermare «il bagno di sangue». Da Homs scappano anche gli sciiti, come raccontano all'associazione di soccorso Sheik Abu Jaber,
descrivendo una sorta di pulizia settaria dove nel mirino ci sono anche cristiani e alauiti.
Così come gli alauiti fedeli ad Assad colpiscono sistematicamente la popolazione musulmana sunnita nei villaggi e nei quartieri delle città in mano agli insorti. Anche questo fa parte della guerra civile di Siria.
«La Siria – dice il nunzio apostolico – per noi ha un'importanza storica e culturale enorme, è la culla del cristianesimo dopo Gerusalemme». E con una grande varietà confessionale: ci sono sei Chiese cattoliche (greca, siriaca, maronita, arlenam, caldea e latina), quelle ortodosse fedeli alla tradizione antiochena, una Chiesa armena che porta ancora le ferite del martirio subito durante la Prima guerra mondiale, infine alcune
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