Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2013 alle ore 15:46.

My24
Kerry: «Nessun attacco se Assad consegna il suo arsenale chimico» - Damasco minaccia ritorsioni in caso di attacco. Offensiva mediatica di Obama

L'ultimo rilancio nella guerra mediatica per la vicenda siriana e' di questa mattina, del segretario di Stato John Kerry: "Se Assad consegnera' alla comunita' internazionale il suo arsenale chimico non ci sara' l'attacco". Un colpo di scena che potrebbe cambiare lo scenario? Non sembra. Perche' Bashar Assad non ha confermato (ma non ha neanche smentito) di avere armi chimiche in un'intervista alle reti CBS/PBS. Ma e' impensabile che rinunci al suo unico vero deterrente in cambio della rinuncia americana a un attacco che sarebbe circoscritto e che lascerebbe immutato il suo arsenale chimico. Ne e' cosciente lo stesso Kerry, in visita a Londra per rafforzare la coalizione internazionale e ribadire che dopo lo sfortunato voto in Parlamento le cose con l'alleato britannico non cambieranno di un millimetro. Parlando con i giornalisti subito dopo un incontro con il ministro degli Esteri William Hague, Kerry ha aggiunto:" Assad dovra' consegnare tutto entro una settimana e dovra' dare conto che ogni arma e' stata eliminata. Ma non lo fara' e dunque le cose resteranno come sono".

Ma la guerra mediatica continua e andra' avanti nel corso di tutta la giornata. Fra poco Barack Obama concedera' interviste a raffica a tutte le grandi reti americane. Nelle stesse ore, prima la CBS, nel programma del mattino, e poi la Pbs, nel programma serale, daranno prima estratti e poi l'intervista completa di Charlie Rose con Bashar Assad. La guerra diplomatica e' ormai diventata guerra mediatica. Le interviste di Obama sono le prove generali per limare il discorso alla Nazione che sta preparando per domani sera. L'intervento a gamba tesa di Assad in Usa vuole contrastare l'efficacia delle interviste di Obama seminando incertezza con il dubbio:"non abbiamo condotto noi gli attacchi chimici, e' colpa dei ribelli"; con la sfida: "Se ci sara' un attacco siamo pronti e i nostri alleati ci proteggeranno"; con la paura :"gli Stati Uniti dovrebbero aver capito che per loro e' meglio tenersi fuori dal Medio Oriente, rischiano troppo su cose che non li riguardano". La strategia dal punto di vista di Assad e' chiara, neutralizzare le certezze americane, creare quanta piu' confusione e incertezza possibile nell'opinione pubblica mondiale, preparare il terreno per ottenere "simpatia" se e quando ci sara' l'attacco americano.

Per Obama la strada e' in salita, l'opinione pubblica mondiale, soprattutto europea e' ostile, quella americana e' incerta e contraria, il voto al Congresso che lui stesso ha richiesto per ora nonraccolgie i consensi necessari. Per questo Obama dividera' in due i suoi interventi. Nelle interviste il Presidente affrontera' i temi che conosciamo gia', diametralmente opposti a quelli di Assad e di Vladimir Putin, che protegge l'alleato siriano: dira' che Assad e' colpevole, che ha violato norme internazionali con l'uso delle armi chimiche, che l'attacco, mirato, punitivo per riaffermare la "linea rossa", non si tradurra' in guerra. Washington continuera' a negoziare politicamente su un altro binario per il "regime change" in Siria, a Ginevra con la Russia.

La questione della sicurezza dovrebbe essere piu' importante nella graduatoria di Obama di quella per le coscienze mondiali, che non possono accettare l'orrenda morte di bambini per mano di un dittatore.

L'americano medio e' stanco del ruolo di gendarme per ogni ingiustizia mondiale, ma e' sensibile alla questione sicurezza. Obama dovra' battere e ribattere su questo, basta missione "umanitaria", via con missione per sicurezza nazionale: nel medio termine l'America e' a rischio, oggi armi chimiche, domani armi nucleari, il pericolo e' l'anarchia e chi ne soffrira' di piu' sara' l'America. Domani Obama, parlando alla Nazione, ripetera' queste argomentazioni, ma ragionera' in termini molto piu' ispirati sul ruolo storico del suo Paese nel proteggere la sua autonomia, la sua liberta' rafforzando la sua sicurezza nazionale. Se l'America difende diritti e liberta' nel mondo lo fa per difendere le sue stesse liberta' e per evitare che i confilitti si evolvano al punto da diventare globali, minacciando l'America intera con una proliferazione di armi chimiche e atomiche a disposizione di un nuovo terrorismo privo di scrupoli in grado di agire indisturbato in un mondo asimmetrico.

Ma un dato di fatto e' assodato da tutti. La confusione regna sovrana. La mancanza di punti di riferimento che guidino lungo un percorso condiviso nell'era di internet ha creato divisioni fra alleati.

Barroso e Van Rompuy a San Pietroburgo confondevano ancora la soluzione politica con quella militare senza dare l'impressione di aver capito che l'America si muoveva su due binari, quello della tutela del diritto a breve, con un attacco, quello del regime change con il dialogo politico nel medio termine. E' dunque essenziale dipanare i quattro punti chiave su cui si dibatte e di cui si parlera' molto fra oggi e domani in America: a) la dinamica e le ragioni dell'attacco, b) il rischio di un contrattacco, c) il percorso politico d) il voto in Congresso. I quattro punti sono tutti legati fra loro, con risvolti complesse anche sul piano tecnico. Obama dovra' mantenere il messaggio semplice: ragione per l'attacco, sicurezza nazionale; rischio di un contrattacco, quasi nullo; percorso politico per cambiare il regime in Siria, procedera' a Ginevra su un binario parallelo; voto in Congresso, e' l'elemento di maggiore incertezza: con il suo discorso Obama dovra' conquistare non tanto i cuori, quanto le teste degli americani.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi