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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2013 alle ore 15:07.

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Ilva, Riva Acciaio ferma la produzione: 1.400 esuberi. Confindustria: si trovi una soluzione - Perché si è giunti a questo

Il gruppo siderurgico Riva, proprietario dell'Ilva, annuncia 1.400 esuberi nelle sue società dopo il sequestro da 916 milioni di euro effettuato nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza di Taranto su ordine del gip di Taranto, Patrizia Todisco.

In un comunicato diramato dall'azienda si legge: «Il provvedimento si è reso necessario poiché il sequestro preventivo, ordinato dalla Magistratura di Taranto e notificato a Riva Acciaio lo scorso 9 settembre, sottrae all'Azienda ogni disponibilità degli impianti - che occupano oggi circa 1.400 addetti - e determina il blocco delle attività bancarie, impedendo pertanto la normale prosecuzione operativa della Società».

Da oggi cesseranno tutte le attività dell'azienda, tra cui quelle produttive degli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti). Tali attività non rientrano nel perimetro gestionale dell'Ilva e non hanno quindi alcun legame con le vicende giudiziarie che hanno interessato lo stabilimento Ilva di Taranto. La decisione, comunicata al custode dei beni cautelari, Mario Tagarelli, e illustrata alle Rappresentanze Sindacali dei diversi stabilimenti coinvolti, si è resa purtroppo necessaria poiché il provvedimento di sequestro preventivo penale del GIP di Taranto, datato 22 maggio e 17 luglio 2013 e comunicato il 9 settembre - in base al quale vengono sottratti a Riva Acciaio i cespiti aziendali, tra cui gli stabilimenti produttivi, e vengono sequestrati i saldi attivi di conto corrente e si attua di conseguenza il blocco delle attività bancarie, impedendo il normale ciclo di pagamenti aziendali - fa sì che non esistano più le condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della normale attività.

Riva Acciaio impugnerà naturalmente nelle sedi competenti il provvedimento di sequestro, già attuato nei confronti della controllante Riva Forni Elettrici e inopinatamente esteso al patrimonio dell'azienda, in lesione della sua autonomia giuridica, ma nel frattempo deve procedere alla sospensione delle attività e alla messa in sicurezza degli impianti cui seguirà, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, la sospensione delle prestazioni lavorative del personale (circa 1.400 unità), a esclusione degli addetti alla messa in sicurezza, conservazione e guardiania degli stabilimenti e dei beni aziendali.

Confindustria: garantire occupazione e attività
Confindustria segue con grande preoccupazione il blocco delle attività del gruppo Riva in conseguenza delle vicende di Taranto. Il fermo della produzione, infatti - scrive Viale dell'Astronomia in una nota - avrà un impatto negativo sull'occupazione e su tutti i settori direttamente e indirettamente collegati alle produzioni siderurgiche, peraltro in una fase particolarmente delicata per la nostra economia. Confindustria auspica che, in un clima meno esasperato, sia possibile trovare una soluzione che garantisca l'occupazione e l'attività industriale.

Squinzi: perdere 1500 posti è un colpo drammatico
«È un problema molto serio sul quale dobbiamo ragionare per uscire da questa situazione perché 1.500 posti che si perdono nel nostro Paese sono un altro colpo drammatico per 1.500 famiglie. Credo che ci voglia un po' di buon senso per discutere e trovare una soluzione equilibrata». Lo ha detto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, interpellato a margine di Atreju sulla situazione del gruppo Riva.

La reazione di Federacciai
«Il drammatico provvedimento preso e comunicato da Riva Acciaio rappresenta l'esito annunciato di un accanimento giudiziario senza precedenti, da me ripetutamente denunciato già in tempi non sospetti». Così il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, sulla decisione di Riva di chiudere gli impianti italiani.

«Quello che è accaduto - continua Gozzi - è la conseguenza di un braccio di ferro tra magistratura e Governo, con la magistratura che ha prevalso vanificando, di fatto, ben due leggi dello Stato, la legge 231 e quella successiva sul commissariamento. Di fronte a ciò dobbiamo con ancor più urgenza e forza chiederci quali strumenti possiamo mettere in campo per garantire nel nostro Paese una reale libertà di impresa. Strumenti a cui RIVA Acciaio non ha potuto fare ricorso».

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