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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2013 alle ore 06:48.

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L'appuntamento è fissato: mercoledì alle 20,30. È questa la data scelta dalla Giunta per il voto sulla relazione Augello. Il primo voto sul caso Berlusconi. Non quello definitivo, che arriverà presumibilmente a fine mese, ma il primo che certificherà la rottura della maggioranza delle larghe intese: l'indisponibilità di Pd e Scelta civica a mantenere il seggio senatoriale per l'ex premier.
Dopo lo scontro dei giorni scorsi, l'intesa ieri è stata raggiunta in pochi minuti all'unanimità. Guai però a interpretarla con un rasserenamento del clima. Anzi, stando al bollettino quotidiano, il barometro oggi segna un ulteriore peggioramento. Dopo il voto di mercoledì in molti, anche tra le colombe, danno per assai probabile la fine del governo delle larghe intese. Niente dimissioni di Berlusconi dunque.

Né richieste di grazia. Sembra che ormai se ne siano convinti anche i figli del Cavaliere. «A che servirebbe? La sostituzione della pena principale con una sanzione pecuniaria non cancella quella accessoria dell'interdizione dei pubblici uffici e tanto meno lo mette al riparo da ulteriori interventi della magistratura. Sarebbe solo un'ulteriore umiliazione», spiegano agli alti piani del Pdl.
Alfano l'altro giorno ha detto che Berlusconi «tornerà presto a far sentire la sua voce». Si vocifera di un intervento a un talk show. Ma per dire cosa? Su questo come al solito il pendolo oscilla vertiginosamente. La decisione a ieri non era stata ancora presa. Ma l'ipotesi che il Cavaliere rompa gli indugi e si metta sulle barricate resta.

«Difficile che questa situazione non produca conseguenze politiche...», anticipava ieri Augello, che dà per «scontata» la bocciatura della sua relazione nella quale si richiedeva un intervento della Corte costituzionale o della Corte europea di Lussemburgo per verificare la costituzionalità e la legittimità della legge Severino, approvata al termine della scorsa legislatura e che il Parlamento applicherà la prima volta proprio sul senatore Berlusconi.
Enrico Letta continua a confidare nel «buon senso». E guarda con «serenità e fiducia ai prossimi giorni». Il premier ostenta ottimismo «perché ciò che l'Italia può perdere mandando tutto a carte quarantotto è chiaro a tutti gli italiani e anche a chi li rappresenta in Parlamento». Anche il segretario del Pd Epifani, dice che alla fine il Pdl non farà mancare il proprio sostegno.

In realtà, nessuno sa cosa farà Berlusconi. Il Cavaliere non ha neppure deciso se confermare gli arresti domiciliari o optare per i servizi sociali. I legali – che assieme ai figli e ai vertici dell'azienda (Confalonieri, Doris) sono tra i pochissimi ad avere accesso ad Arcore – gli hanno spiegato che la detenzione domiciliare di fatto gli renderebbe molto difficile comunicare all'esterno e soprattutto ha un regime assai più rigido. Ma il principale timore di Berlusconi è che una volta uscito dalla protezione parlamentare, i Pm che ancora stanno indagando su di lui, a partire da quelli di Napoli alle prese con il caso De Girolamo sulla presunta compravendita di senatori, si scatenino. Timori che tormentato l'ex premier e i suoi familiari ma per i quali non si intravede una via d'uscita.

Anche per questo si è tentato e si sta tentando di guadagnare tempo. Il voto finale della giunta arriverà entro fine mese. Ieri è cominciata la discussione generale sulla relazione Augello con l'intervento del democratico Felice Casson, che ha dichiarato inesistente il problema della irretroattività, ovvero l'applicazione della norma sulla decadenza, in quanto «non è né una sanzione penale né amministrativa». Dopo il voto di mercoledì sarà nominato un nuovo relatore e passeranno da regolamento altri dieci giorni per la difesa. Si arriverà quindi a fine settembre per il verdetto in giunta. A sancire la decadenza sarà però l'aula del Senato, con voto segreto.

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