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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2013 alle ore 08:41.

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ROMA
Forma di governo parlamentare "rafforzata", con maggiori poteri al premier, e una legge elettorale imperniata sul premio di maggioranza e l'eventualità di doppio turno di coalizione qualora nessuna lista o coalizione superasse il 40%. Da domani, per tre giorni, i 35 esperti che fanno parte della commissione di saggi nominata dal Consiglio dei ministri a giugno per fare una proposta coerente su riforme costituzionali e sistema elettorale si riuniranno a Francavilla (Chieti) per stilare il documento definitivo da sottoporre a governo e Parlamento. Salvo naturalmente discussioni e limature che dovessero venire dal "conclave" marchigiano, il testo si comporrà di cinque parti: forma di governo, legge elettorale, bicameralismo, Titolo V e procedimento legislativo.
La proposta del comitato dei relatori presieduto da Luciano Violante - condivisa nelle sue linee essenziali anche dal ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello, che sarà presente a Francavilla - è quella di confermare il sistema parlamentare, non dunque presidenziale o semipresidenziale alla francese, prevedendo tuttavia un rafforzamento dei poteri del premier. La dicitura è "governo parlamentare del premier": la fiducia della sola Camera (non del Senato, trasformato in Camera delle Autonomie) è accordata direttamente a lui (o lei), che ha anche il potere di nomina e revoca dei ministri. È inoltre introdotto il sistema della sfiducia costruttiva, con l'obbligo cioè di indicare una maggioranza alternativa. Attraverso la modifica dei regolamenti parlamentari si punta poi a un notevole snellimento dell'iter legislativo, con tempi certi per i ddl governativi in modo da superare l'eccessivo ricorso ai decreti degli ultimi anni.
Cuore della proposta il superamento del bicameralismo perfetto. Che, come non a caso ha ricordato proprio ieri lo stesso premier Enrico Letta, è un'anomalia nel mondo occidentale. «Penso che la nostra Costituzione nella prima parte sia davvero la più bella del mondo, ma non nella seconda – ha detto Letta parlando a Caorle alla festa di Scelta civica –. Un sistema con due Camere che hanno esattamente gli stessi compiti, e una legge elettorale che dà maggioranze diverse, non può funzionare, è una follia». Poi il premier difende la necessità di cambiamento: «Non stiamo sfasciando la Costituzione, la stiamo ammodernando».
La proposta dei saggi va nella direzione ricordata da Letta, con l'istituzione di un Senato delle Regioni che ha competenza solo in materia di leggi costituzionali e leggi che riguardano i rapporti tra Stato e Regioni. Confermato il taglio dei parlamentari, previsto già nel documento dei 10 saggi consegnato a Giorgio Napolitano alla fine del suo primo mandato: da 630 a 480 deputati, mentre i componenti del nuovo Senato delle Regioni sarebbero 120 rispetto ai 315 attuali. A proposito del rapporto tra Stato e Regioni ha grande importanza il capitolo del documento dei saggi dedicato al Titolo V e alla questione del conflitto di competenze tra i diversi livelli di governo: le grandi reti (infrastrutturali ed energetiche) tornano allo Stato, e viene introdotta la cosiddetta "causa di sovranità dello Stato". Lo Stato diventerebbe insomma «garante dei diritti costituzionali e dell'unità della Repubblica», potendo intervenire nelle materie di competenza regionale qualora fosse ravvisato il supremo interesse della nazione.

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