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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2013 alle ore 06:45.

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TARANTO
La Procura di Taranto la sua posizione l'ha già esposta sabato e nessuna replica ha fatto ieri alla presa di posizione del gruppo Riva. Per i giudici, il sequestro non pregiudica le aziende e l'articolo 104 bis delle disposizioni attuative del Codice di procedura penale dispone «la custodia e l'amministrazione da parte di ausiliari nominati dall'autorità giudiziaria al fine di garantire la continuità produttiva». Per la Procura «lo stesso custode-amministratore è autorizzato a gestire eventuali necessità di ordine finanziario». Come dire: il commercialista tarantino Mario Tagarelli, in qualità di custode-amministratore, è delegato a risolvere i problemi. Tagarelli, ex presidente dell'Ordine dei commercialisti di Taranto, fu nominato dal gip Patrizia Todisco già a luglio 2012 quando il magistrato mise sotto sequestro senza facoltà d'uso l'area a caldo Ilva per disastro ambientale e nominò quattro custodi: tre per gli impianti (Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento) ed uno per la parte amministrativa (Tagarelli). Ai primi di agosto, poi, il Tribunale del riesame modifica il provvedimento del gip e nomina Bruno Ferrante, presidente Ilva, custode. Appena due giorni dopo, però, il gip revoca Ferrante perchè aveva fatto ricorso contro il sequestro e rinomina Tagarelli. Non dura perchè parte un nuovo ricorso, stavolta dell'Ilva al Riesame, e Ferrante torna in sella come custode (fine agosto 2012). Ma la Procura rilancia e così parte un ricorso in Cassazione sempre contro Ferrante custode. Nello stesso tempo la Procura chiede in appello una sospensiva sulla nomina. Che a novembre 2012 un altro Tribunale concede facendo rientrare Tagarelli, mentre in seguito la Cassazione fa definitivamente uscire di scena Ferrante. Quest'ultimo viene quindi confermato come custode dal gip nel momento in cui, a seguito della legge 231 del 2012, all'Ilva viene data la facoltà d'uso degli impianti pur restando il sequestro. Il gip, inoltre, nomina sempre Tagarelli quando a maggio scorso ordina il sequestro preventivo per equivalente per 8,1 miliardi su beni e conti del gruppo Riva - escluso il sito di Taranto -; sequestro che nei giorni scorsi, col «blitz» sulle 13 società del gruppo, ha registrato una seconda fase.
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