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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2013 alle ore 16:30.
L'ultima modifica è del 17 settembre 2013 alle ore 12:45.

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Recep Tayyip ErdoganRecep Tayyip Erdogan

I social network irrompono nel dibattito politico di Turchia e Iran in modo clamoroso e assolutamente inatteso. Ankara per contrastare il ruolo dell'opposizione molto forte sul web, Teheran per liberalizzare, ma solo per 24 ore, l'uso dei social network dopo anni di bando e duro controllo poliziesco da parte dei pasdaran, le guardie della rivoluzione islamica, i miliziani della rivoluzione khomeinista del 1979.

Ma torniamo in Turchia: dopo la secca sconfitta subita su Twitter e Facebook, diventati un grande mezzo di comunicazione e di denuncia dei giovani contestatori di Gezi Park durante le grandi proteste di giugno, il partito islamico Akp del premier turco Recep Tayyip Erdogan ha deciso di assumere 6mila persone per contrastare l'opposizione anche sul web.

Una prima manovra di contenimento si era già notata nei giorni seguenti alle proteste di giugno con tweet in turco filo-governativi che ripetevano le accuse di Erdogan ai giovani contestatori in rete, condannando i manifestanti come «estremisti e saccheggiatori che cercano di destabilizzare il paese».

Il riferimento di Erdogan ai manifestanti come "capulcu" (saccheggiatori) in turco su Twitter aveva impazzato in quei giorni di giugno scorso. I giovani turchi, utenti dei social media, avevano poi anglicizzato la parola a «chapul» che è poi diventata sinonimo di resistente alla polizia e ai divieti anti-laicità e a vivere secondo costumi occidentali. Insomma un autogol per il governo turco.

Erdogan aveva anche parlato di forze straniere che complottavano contro la Turchia e il suo governo in particolare e aveva addirittura bocciato Twitter, accusando il sito di microblogging di essere la «peggiore minaccia per la società».

Parole dure che gli avevano alienato molte simpatie anche tra le sue fila, soprattutto tra i giovani aderenti all'Akp. Poi, dopo i consigli di consulenti in comunicazione, la svolta alla turca per calvacare la modernità dei social network e non demonizzarli.

Secondo il quotidiano Star in ognuno dei 900 distretti del paese ci sarà almeno un addetto Akp. Mille persone saranno basate a Istanbul, altre 600 nella capitale Ankara, 400 a Smirne. Queste tre città sono state da maggio i principali centri della contestazione anti-Erdogan, che ha visto scendere in strada oltre due milioni di persone nel paese.

Nel frattempo la repressione è scattata con durezza: decine di persone sono state arrestate, ricorda Hurriyet online, proprio per tweet di appoggio alla protesta.

La finta svolta di Teheran
L'«apertura» tecnologica iraniana è durata poco, solo 24 ore. I principali social media, Twitter e Facebook, accessibili ieri sono stati nuovamente bloccati dalle autorità. Funzionari governativi citati dal New York Times hanno spiegato che lo sbloccaggio temporaneo dei siti è stato causato da un problema tecnico. - Da ieri sera, i social network Twitter e Facebook, il cui utilizzo è vietato in Iran, erano infatti accessibili «a causa di problemi tecnici», come ha dichiarato oggi un responsabile iraniano, Abdolsamad Khoram-Abadi, citato dall'agenzia iraniana Mehr.

«Il mancato filtraggio di Facebook ieri sera è dovuto apparentemente a problemi tecnici. Stiamo esaminando la questione». Secondo le testimonianze di molti utenti, effettivamente Facebook e Twitter erano accessibili ieri sera in Iran senza alcun tipo di filtro, un tipo di "incidente" che si era comunque già verificato in passato. «Cari amici degli Stati Uniti, ci credete ai miracoli? Bene, ne è appena successo uno in Iran, infatti il governo ha tolto il filtro su Facebook», afferma Mehdi sul suo profilo Fb. «Twitter e Facebook sono autorizzati. «Grazie Rohani», aggiunge Ali su Twitter. «Che gioia ieri sera, andare su Twitter senza Vpn (i virtual private network utilizzati da molti utenti per accedere ad internet aggirando i controlli), concorda Sima.

Il governo iraniano blocca l'accesso a Twitter, ma anche a Facebook, Youtube e a numerosi altri siti, in particolare politici e pornografici. Gli internauti devono avere un Vpn per surfare sulla rete ma la maggior parte non riesce comunque a navigare. Molte autorità comunque hanno la loro pagina sui social network, come la pagina Facebook (facebook.com/www.Khamenei.ir) e l'account Twitter (àkhamenei_ir) della Guida suprema, l'ayatollah Khamenei. Misteri persiani.

Alcuni analisti pensano che l'apertura di 24 ore sia stata in realtà un esperimento del presidente Rohani per verificare la possibilità di togliere parzialmente il bando.

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