Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2013 alle ore 06:45.

My24


ROMA
Due strade per salvare gli stabilimenti Riva Acciaio. La prima, passa per un chiarimento, già da oggi, con il custode giudiziale per capire i reali margini per riprendere l'attività. La seconda, al momento considerata l'extrema ratio e tecnicamente non semplice, passa per il commissariamento. È questo l'esito dell'ennesima giornata convulsa sulle attività del gigante italiano della siderurgia.
Ieri il premier Letta ha lanciato un messaggio molto chiaro alla famiglia Riva: «Non usate i lavoratori come rappresaglia rispetto alle scelte della magistratura», ha spiegato provando poi a chiarire qual è la strategia del Governo. Che oltre a fare «tutta la pressione sull'azienda perché riapra» sta anche valutando dal punto di vista tecnico «il percorso giuridico» da seguire per arrivare al commissariamento: l'idea, come ha chiarito lo stesso Letta, è quella di «verificare se quello che si à fatto per Taranto, il commissariamento, si può fare anche per le altre aziende di Varese e Verona». Gli strumenti ci sarebbero: a cominciare dal percorso previsto dai due decreti sull'Ilva – quello di dicembre 2012 e quello della scorsa estate – per le imprese di interesse strategico nazionale (almeno 200 dipendenti) che minaccino ambiente e salute.
La strada del commissariamento non è comunque dietro l'angolo anche perché – come ha chiarito ieri il premier – non è affatto così facile da imboccare: «Si può fare solo c'é certezza giuridica, perché poi – ha spiegato Letta – se l'azienda ricorre e un giudice le dà ragione, siamo punto e daccapo».
Nel pomeriggio a Palazzo Chigi, prima ancora della riunione coordinata dal ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, si era svolto un vertice tra il sottosegretario Filippo Patroni Griffi, il ministro dell'Ambiente Andrea Orlando, il commissario straordinario dell'Ilva Enrico Bondi e il sottosegretario allo Sviluppo Claudio De Vincenti. Un vertice durante il quale sono stati passati in rassegna gli investimenti ambientali dell'Ilva, per avere un quadro complessivo del risanamento dello stabilimento tarantino. Poi, in serata, l'incontro sul nuove fronte tra Zanonato, il rappresentante di Riva Acciaio Bruno Ferrante e l'amministratore unico Cesare Riva.
«Abbiamo chiesto al gruppo Riva di incontrare il custode giudiziale (cui sono affidati beni sequestrati ndr) per riprendere immediatamente la produzione di acciaio» ha spiegato alla fine Zanonato. Il custode a sua volta verificherà con il Gip i margini per riprendere l'attività degli impianti – sette stabilimenti e alcune società di servizio – dopo il sequestro preventivo di cespiti aziendali per 916 milioni, decisione che ha provocato la messa in libertà di 1400 lavoratori. Solo se questo tentativo non andrà a buon fine, «considereremo altre ipotesi». Al tempo stesso, il governo si muoverà per verificare la disponibilità del sistema bancario a riallacciare il circuito del credito con il gruppo, in difficoltà nella gestione dei pagamenti.
Per il Governo – questo il primo step da verificare prima di percorrere altre vie – l'"agibilità aziendale" ci dovrebbe essere ancora tutta visto che il sequestro non dovrebbe impedire l'attività dell'azienda, come ha chiarito anche la procura di Taranto in un comunicato stampa ma non con un dispositivo ad hoc. «La nostra valutazione – ha detto Letta – è che il sequestro dei conti correnti non impedisce l'attività dell'azienda». Ma, come ha ammesso lo stesso premier, «bisogna che sia chiaro quali beni sono stati sequestrati e quali no».
Dal canto suo, Bruno Ferrante ha ribadito «l'intenzione della proprietà di impugnare un provvedimento che riteniamo illegittimo davanti alla Cassazione», ma ha aperto al percorso prospettato dal governo. «Abbiamo letto il comunicato della Procura e chiederemo un chiarimento per capire se è possibile riprendere l'attività già nelle prossime ore».
Ieri all'incontro con i vertici dell'azienda era presente anche il sottosegretario al Lavoro, Carlo Dell'Aringa. Che ha rassicurato sull'intenzione del Governo a intervenire nel caso in cui il gruppo chiedesse il ricorso alla cassa integrazione per i 1.400 dipendenti «messi in libertà» negli stabilimenti di Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria. Lo stesso ministro Giovannini ha assicurato che il governo farà di tutto «per evitare danni per i lavoratori».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi