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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2013 alle ore 06:47.

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NEW YORK. Dal nostro corrispondente
Il rapporto di Ban Ki-moon al Consiglio di Sicurezza dell'Onu è stato sobrio, fattuale, senza indicazioni dirette di responsabilità ma chiarissimo nelle conclusioni: durante l'attacco del 21 agosto in Siria sono state usate armi chimiche, gli ispettori internazionali hanno rilevato «senza equivoci» la presenza del gas Sarin, hanno calcolato che ne sono stati usati almeno 350 litri e hanno ricostruito la traiettoria dei missili che hanno colpito i sobborghi di Damasco e ucciso 1.440 persone, fra cui centinaia di bambini. «Un crimine di guerra», ha sintetizzato Ban Ki-moon, aggiungendo che si è trattato «del peggiore attacco con gas contro civili dal 1998, quando Saddam Hussein lo usò ad Halabja».
A questo punto sarà possibile affermare con l'avallo indiretto delle Nazioni Unite, che l'attacco del 21 agosto è stato condotto dal governo di Bashar Assad, l'unico a possedere quel tipo di arma chimica e i missili necessari per colpire gli obiettivi designati.
Se il rapporto fosse uscito prima dell'accordo di sabato fra Stati Uniti e Russia per il disarmo chimico della Siria entro la metà del 2014, avrebbe rafforzato di molto la posizione di Barack Obama alle Nazioni Unite. E avrebbe smentito la posizione russa secondo cui il 21 agosto le armi chimiche sono state usate dai ribelli, per provocare una reazione americana anche se ieri l'ambasciatore russo all'Onu, Vitalij Churkin, ha ribadito che il rapporto degli ispettori non è la prova definitiva della responsabilità di Assad.
L'intervento degli Usa è sospeso dopo gli accordi di Ginevra fra il segretario di Stato John Kerry e il ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov. Certo, si attende di poter verificare la buona fede del governo siriano nel rispettare quanto ha chiesto l'alleato russo in accordo con Washington: la consegna della documentazione su tutto l'arsenale chimico siriano con le località specifiche dove è custodito entro questa settimana. L'intelligence americana stima che vi siano mille tonnellate di armi chimiche immagazzinate in 45 località diverse.
Ed è proprio sul fronte della verifica che il rapporto rappresenta una svolta. Da una parte rafforza la minaccia americana di intervenire se la Siria non rispetterà gli accordi, dall'altra da più margine a Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna per scrivere una proposta di risoluzione contro la Siria più aggressiva per identificare e garantire tutti i passi del processo di disarmo chimico. Ieri Kerry con il presidente francese François Hollande e il ministro degli Esteri britannico William Hague hanno lavorato proprio al linguaggio per la risoluzione da presentare all'Onu (in un comunicato a tarda sera Hague ha dichiarato che il rapporto dimostra che il regime siriano «è l'unico possibile responsabile»).
L'obiettivo è di averla approvata entro la settimana, anche se sul richiamo al Capitolo 7 della Carta Onu, che autorizza l'uso della forza in caso di mancato rispetto degli accordi da parte di Assad, sono già emerse divergenze con Mosca. La minaccia dell'uso della forza, ha detto Lavrov, «può distruggere gli sforzi per la pace». È invece arrivato il momento di «costringere le forze dell'opposizione siriana a sedersi al tavolo della pace».
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LA PAROLA ALL'ONU
«È successo di nuovo»
Ake Sellstrom, il capo degli ispettori che hanno indagato sul massacro del 21 agosto a Damasco, ha trasmesso ieri il proprio rapporto a Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite. Il rapporto conferma l'utilizzo di gas sarin in quello che Ban ha definito «il più significativo attacco con gas contro civili dal 1998, quando Saddam Hussein li usò ad Halabja». La comunità internazionale, ha aggiungo Ban, si era impegnata a evitare il ripetersi di quell'orrore: «Eppure è accaduto di nuovo».
Il Consiglio di Sicurezza
In base all'accordo-quadro raggiunto a Ginevra da Russia e Stati Uniti, lo smantellamento degli arsenali chimici di Damasco dovrà appoggiarsi su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma è facile prevedere che al tavolo dell'Onu possano riemergere le divergenze tra russi e americani, a proposito dei passi da compiere in caso di mancato rispetto degli accordi da parte di Bashar Assad.
Il Capitolo 7
Secondo il segretario di Stato americano John Kerry, infatti, in caso di mancata cooperazione di Assad «siamo tutti d'accordo - Russia compresa -: ci saranno conseguenze». Un riferimento al Capitolo 7 della Carta dell'Onu, che prevede anche l'uso della forza in caso di aggressioni o violazioni della pace internazionale. Più cauto il ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov, secondo cui la minaccia dell'uso della forza «può distruggere gli sforzi per la pace».

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