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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2013 alle ore 06:47.

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NEW YORK
È di nuovo strage negli Stati Uniti: almeno 13 persone sono morte e altrettante sono rimaste ferite per colpa di uno squilibrato che ieri ha aperto il fuoco seminando il panico all'interno della Marina militare a Washington DC.
La matrice terroristica sembra esclusa, anche se dell'episodio di ieri si hanno pochi dettagli. Il Paese, e non solo la sua capitale, si è svegliato ieri con misure di sicurezza ai massimi. Elicotteri militari hanno iniziato a circolare nei cieli sopra il quartier generale del cosiddetto Naval Sea Systems Command - dove il fuoco è stato aperto alle 8.20 del mattino, le 14.20 in Italia. Harry Reid, il capo della maggioranza al Senato, ha mandato tutti a casa prima del previsto.
Quattro chilometri più in là, alla Casa Bianca, il presidente Barack Obama è stato costretto a spostare il suo discorso a cinque anni dal collasso di Lehman Brothers dal Rose Garden (a cielo aperto) al South Court Auditorium, dentro la sua residenza. Gli edifici del Senato a Capitol Hill sono stati chiusi in via precauzionale così come una decina di scuole (nessuno voleva una seconda Sandy Hook, la scuola elementare di Newtown, in Connecticut, dove lo scorso dicembre il giovane Adam Lanza ha ucciso 20 bambini e sei adulti per poi togliersi la vita). Al Reagan National Airport i voli sono stati brevemente sospesi e al Pentagono è stata alzata la guardia. Persino a New York uffici e sedi militari sono diventate oggetto di sorveglianza più severa e a Times Square, meta turistica per eccellenza della città, l'allerta era al top. Anche perché la sparatoria di ieri è avvenuta in un complesso ritenuto altamente sorvegliato, con guardie ai cancelli d'ingresso e alte pareti che circondano il complesso che ospita uffici amministrativi con circa 3.000 dipendenti.
L'autore della "tragedia", così l'ha chiamata Obama, è un ragazzo di 34 anni che potrebbe avere usato il badge di accesso alla Navy Yard appartenente a terzi. Un presunto complice sarebbe ancora a piede libero. Un terzo ancora è stato identificato e ritenuto innocente.
Il movente resta sconosciuto. Forse è il risentimento ad avere portato il 34enne a sparare per primo, salvo poi essere ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia. A lui, riferiva Abc, era stato recentemente cambiato il ruolo. Aveva con sé un fucile d'assalto - quelli che l'amministrazione Obama spinge da tempo per mettere fuori dalla portata di civili - e una pistola. Il sindaco Vincent C. Gray ha assicurato che si tratta di «un incidente isolato». Ma la paura resta.
Impegnata sul fronte siriano, la presidenza Obama si ritrova dunque a fare i conti con il controllo (mancato) delle armi da fuoco in casa propria. La memoria corre alla strage dello scorso luglio nel cinema di Aurora (Colorado) dove furono uccise 12 persone, tante quante le vittime nella tragedia che colpì la scuola Columbine nel 1999. Nel 2009 invece fu la base militare Fort Hood, in Texas, a vedere 13 soldati morire sotto i colpi dello psichiatra militare Nidal Malik Hasan. È finora la peggiore sparatoria di massa dentro una struttura militare statunitense.
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AL NAVY YARD
A 5 km dalla Casa Bianca
Almeno 13 persone sono rimaste uccise ieri a Washington nel Quartier generale della Marina americana: tra i morti anche l'uomo che avrebbe iniziato a sparare, per ragioni su cui le autorità stanno ancora indagando. La polizia è alla ricerca di altri possibili assalitori. Il Comando della Marina si trova a soli 5 km dalla Casa Bianca (nella foto, l'evacuazione del personale)

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